
La scuola e il marasma
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
Uno studioso particolarmente importante per la psicologia dello sviluppo e, collateralmente, per la stessa pedagogia è René Arpad Spitz (1887 - 1974), medico, psicologo e psicoanalista austriaco, che valorizzò il ruolo formativo della madre tramite l’osservazione diretta dell’interazione madre-bambino, confermando che lo sviluppo infantile non avviene in modo lineare ma per stadi. Ciò che, rese celebre Spitz, furono gli studi sui bambini ospedalizzati, quindi in situazioni di deprivazione di stimoli, che lo portarono ad elaborare la teoria sulla depressione anaclitica e a descrivere i comportamenti di bambini che vengono separati dalla persona che si prendeva cura di loro: dalle lamentele e richiami del primo mese al pianto e perdita di peso del secondo mese, quindi al rifiuto del contatto fisico, insonnia, riardo nello sviluppo motorio, assenza di mimica, perdita continua di peso nel terzo mese… E dopo? Dopo il terzo mese: cessazione del pianto ovvero, stato letargico.
Il bambino, deprivato dal contatto con la madre, manca a livello neurologico di un collegamento adeguato tra corteccia cerebrale e diencefalo, connessione fondamentale affinché il bambino possa sperimentare in modo adeguato la relazione emozionale e viscerale tra il proprio mondo interno e la realtà circostante. La deprivazione del contatto genera dei disturbi evolutivi che si manifestano sul piano affettivo, motorio, cognitivo, linguistico. Venendo a mancare il contatto con la madre, il bambino va incontro al “marasma”, cioè al lasciarsi andare per inedia: non potendo ricevere amore, coccole, carezze, il bambino si lascia morire.
Un altro studioso, John Bowlby, non meno importante di Spitz, studiando il comportamento dei bambini istituzionalizzati, giunse alle stesse conclusioni, confermando che la deprivazione da contatto origina un quadro clinico che intacca ogni aspetto dello sviluppo del bambino fisico, psicologico e affettivo.
Cosa c’entra questa premessa col discorso intorno alla scuola? Forse un po’ forzatamente, ma c’entra!
C’entra pensando alla scuola, immersa nella confusione che la situazione politica ingenera pressocché quotidianamente e agli assalti aggressivi da parte di studenti e genitori che colpiscono il personale scolastico, nonché alle decise incursioni legislative che intervengono in merito al sistema d’istruzione, non ultima la revisione del sistema di valutazione che, in attuazione della legge 150/2024 introduce i giudizi sintetici di ottimo, distinto, buono, discreto, sufficiente, non sufficiente al posto dei giudizi descrittivi di avanzato, intermedio, di base, in via di prima acquisizione, certamente sbalestrando gli insegnanti e inducendoli ad ulteriori dubbi su cosa e come debba essere intesa la valutazione; perché la differenza tra i due sistemi è decisamente importante e tocca il modo di interpretare il senso stesso dell’insegnare.
Ecco, c’entra pensando a questo, e pensando anche al clima di disfatta che si respira nelle scuole, all’affanno, alle ansie e ai timori che assalgono i docenti, ed anche alle difficoltà che incontrano nella gestione di una mutata geografia degli allievi (tra i quali si registra un aumento considerevole di bambini immigrati e un notevole incremento di situazioni di disabilità anche gravi) soprattutto nel primo ciclo d’istruzione. Una disfatta annunciata anche dall’assegnazione di milioni di euro agli istituti paritari e dei voucher per i genitori che vi iscriveranno i figli (che equivale a distrarli dall’iscrizione alle scuole statali). E pensando anche alla distanza che separa i decisori politici da chi la scuola la fa quotidianamente, mi è venuto spontaneo esclamare: la scuola è nel marasma!
Alla scuola manca il referente che la comprenda per il valore che ha, che la ritenga degna di attenzione “affettuosa”, che la difenda e la ponga in cima nella scala delle priorità nazionali, che manifesti comprensione per la situazione che sta attraversando e contempli un piano di recupero sui significati dell’insegnare, ponendo veramente al centro l’allievo, bambino o adolescente che sia, al di là delle doti e dei talenti che possiede, ma nel rispetto delle peculiarità di ciascuno. La scuola non è giusta! Si rifletta su questo! Nessun organismo, nessuna organizzazione può sopravvivere a lungo se non sente l’illuminata dedizione e la cura di chi ha la responsabilità della sua guida. Chi guida deve saperla sognare la scuola e difenderla e battersi per essa.
Il marasma intercetta una situazione pericolosissima.
Gli articoli di questo numero:
Tullio Faia focalizza l’attenzione su “La gestione del PEI (Piano Educativo Individualizzato): ruoli e funzioni”, strumento che riveste un ruolo fondamentale per la progettazione educativa e didattica, avendo come scopo di individuare obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell’interazione, dell’orientamento e delle autonomie, anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dall’intera comunità scolastica per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati. Una indiscussa centralità, quella del Piano al punto che ogni determinazione adottata in sua violazione potrebbe risultare illegittima.
Stefano Stefanel presenta “La difficoltà di progettare nelle scuole italiane”, problema reso evidente non per la mancanza di soldi, ma per due ordini di fattori: 1. le istruzioni e le comunicazioni delle Autorità di gestione e Autorità di missione del MIM o del PNRR sono sempre più spesso improntate alle minacce di controlli invasivi per la “persecuzione” degli inadempienti, piuttosto che a dare chiare indicazioni operative da calare nei vari contesti; 2. il totale disinteresse di moltissime scuole per il potenziale progettuale di un inizio di settembre compresso e, dall’altro lato, l’interesse quasi generale per l’anticipo dell’inizio dei giorni di lezioni al solo scopo di fare qualche ponte in più durante l’anno scolastico e quindi senza alcun reale obiettivo progettuale.
Giacomo Mondelli espone la seconda parte de “L’insegnante deve essere metacognitivo: dalla metacognizione alla didattica metacognitiva” (prima parte su “Dirigere la scuola” n. 12/2024), nel quale espone le ragioni che favoriscono la necessità di poter disporre di insegnanti preparati, capaci e competenti per migliorare le sorti della scuola italiana e dei nostri alunni ritornando a reclamare, in primo luogo, il miglioramento della loro sensibilità, disposizione e capacità riflessiva in materia di preparazione e attuazione dell’intervento educativo e didattico che espletano; disposizione che li conduca, sia pure progressivamente, a diventare dei veri e propri docenti “metacognitivi”, ovvero aperti, consapevoli, convinti, al fine di rendere sempre più efficace l’intervento didattico e consentire ad ogni soggetto che apprende di conoscere il proprio repertorio di risposte mentali.
Damiano Verda richiama la nostra attenzione su “Intelligenza artificiale in classe”, in particolare riferendo della sperimentazione avviata presso la scuola privata londinese “David Game College” per l’anno scolastico 2024/2025, di non far seguire da nessun insegnante, nel loro percorso educativo, venti alunni della scuola secondaria, ma soltanto da un mix di piattaforme di intelligenza artificiale e visori per la realtà virtuale. In tal modo, sottolineano i proponenti della sperimentazione, le risorse educative (virtuali) sono sempre a disposizione degli studenti e l’intelligenza artificiale può rispondere senza sosta a domande, dubbi, richieste di approfondimento. Ma davvero l’esperienza di insegnamento e apprendimento può essere ridotta a un trasferimento di informazioni, più o meno efficace e più o meno costoso?
Michela Lella propone “La scuola che io conosco non fa notizia”, intendendo la scuola “normale”, quella simile a tante altre, a fronte di scuole che si impongono all’attenzione dei media perché foriere di fatti negativi, in ragione del fatto che la brutta notizia, essendo dirompente, contagiosa ed emozionante ci incuriosisce grazie anche a quella impercepibile seduzione che “il male” sa emanare. In questo modo la scuola finisce sulle pagine dei quotidiani, diventa protagonista delle cronache televisive e se ne parla sui diversi social network, quando viene bistrattata e accusata di manchevolezze di ogni genere. Accade pertanto di diventare facili prede dei così detti “Bias cognitivi” che suscitano nella nostra mente una scorretta valutazione dei fatti, specialmente quando il nostro pensiero è impegnato nel tentativo di organizzare la mole delle informazioni cercando di semplificarle il più possibile.
Anna Armone con “La scuola e i social network” esamina l’uso dei social network a scuola, distinguendo tra il coinvolgimento degli studenti e quello dei docenti. Per gli studenti, i social possono essere strumenti educativi e culturali ma presentano rischi come il cyberbullismo, la dipendenza e l’ansia da approvazione. La competenza digitale è fondamentale per un uso consapevole e sicuro. La legge 92/2017 promuove l’educazione alla cittadinanza digitale per preparare gli studenti a un uso responsabile delle tecnologie. Per i docenti, il nuovo Codice di comportamento richiede cautela nell’uso dei social per proteggere l’immagine della pubblica amministrazione. Le scuole possono utilizzare i social, ma ciò comporta responsabilità nella gestione dei dati personali. La comunicazione scolastica può avvalersi di sistemi integrati tra siti web e applicazioni per garantire un flusso di informazioni sicuro ed efficace.
Rocco Callà propone “Le assenze retribuite consentite ai dirigenti scolastici”, questione alla quale il recente CCNL siglato il 7 agosto 2024 per il triennio 2019/2021 non ha apportato alcuna modifica. Pertanto, continua ad applicarsi la disciplina contenuta nell’art. 15 del CCNL 8/7/2019, che riconosce l’autorizzazione per le seguenti cause: concorsi ed esami; lutti; motivi personali e familiari; celebrazione del matrimonio. Le modalità di fruizione e la durata di queste assenze non sono dissimili dai permessi consentiti alla generalità del personale scolastico dal CCNL 29/11/2007.
Stefano Callà riprende la questione della manutenzione degli edifici scolastici nel suo pezzo “Il contratto di appalto per l’affidamento di lavori relativi alla manutenzione degli edifici scolastici”. Argomento questo molto spinoso e complesso per le implicazioni che ha in ordine alla sicurezza dell’ambiente di lavoro. Difatti, l’art.39 del regolamento di contabilità scolastica non si presente di facile applicazione come emerso in un recente convegno organizzato da Euroedizioni con i dirigenti scolastici su “salute e sicurezza” in occasione della presentazione del Manuale di Antonietta Di Martino e Paolo Pieri “SALUTE e SICUREZZA nella SCUOLA” edizione 2024.
Mario Di Mauro, per La Scuola in Europa”, incentra il suo intervento intono al quesito: “Quali didattiche quelle tra i banchi di scuola di una Europa terra di umanità di ogni mondo?”. Importane la suggestione di fondo: In realtà si impara sempre qualcosa di nuovo in ogni momento della propria vita anche inconsapevolmente e senza alcuna didattica se non la propria come nel distinguere usando nuovi punti di vista, conoscendo nuove persone o trovando risposte ad aspetti inosservati della realtà. Cruciale è capire in quali modi e in quali termini la realtà può divenire accademia ricavandone saperi viventi che ispirano condotte e valori. Una grande verità è quella che oltre ogni fatica del conoscere si cela alla fine l’utilità più attesa di un’intera esistenza.
Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia, porge alla riflessione “La scuola facile e giusta (ovvero, alla portata di tutti)”. Dopo aver richiamato un significativo brano di Françoise Dolto, nel quale si evidenzia che già alla nascita si è integralmente se stessi ma sotto una forma in cui tutto è in divenire, si ribadisce l’importanza degli ambienti di crescita, famiglia da una parte e scuola dall’altra, perché ad ogni bambino venga prestata la giusta attenzione educativa e formativa, nel rispetto delle sue peculiarità. La scuola viene, quindi, posta davanti ad un grosso interrogativo: seppure ha coscienza che il bambino abbia in sé un progetto da realizzare, come ne tiene conto in modo continuativo per tutto il percorso di studio, dalla scuola dell’infanzia al termine del secondo ciclo d’istruzione? Quanto gli insegnanti che si avvicineranno a quel bambino negli anni successivi, lo considereranno in ragione delle sue intelligenze, delle sue potenzialità, del suo stile di apprendimento, del suo linguaggio, delle sue strategie di comprensione, di collaborazione, di problem solving, anche svincolandoli dalle attese personali, dalle suggestioni statistiche, da come viene descritto l’alunno tipo di quell’età?
Stefano Callà per i Casi di Scuola tratta della “Casi di illegittimità dei criteri stabiliti dal consiglio d’istituto per decidere la priorità nell’accoglimento delle domande di iscrizione degli alunni”, una questione che vede il dirigente scolastico impegnato ad individuare il numero massimo di iscrizioni accoglibili, in ragione delle risorse di organico, nonché del numero e della capienza delle aule e degli spazi disponibili. Prima dell’acquisizione delle iscrizioni, quindi, la scuola definisce criteri di precedenza nell’ammissione, mediante delibera del Consiglio di istituto da rendere pubblica con affissione all’albo, con pubblicazione sul sito web dell’istituzione scolastica e, per le iscrizioni on line, in apposita sezione del modulo di iscrizione personalizzato dalla scuola. Si ricorda che tutti i documenti amministrativi sono accessibili ma soggetti a vari livelli di limitazione dei diritti di accesso come da articolo 24 della legge n.241/1990.
Valentino Donà, per lo sportello Assicurativo, presenta il caso dell’“Allagamento dei locali scolastici”. La rottura di un tubo, all’interno della sede di un plesso scolastico, ha causato l’allagamento dei locali e il danneggiamento di un PC. La polizza assicurativa copre il danno? Normalmente non prevedono il risarcimento di questo tipo di danno. L’Art. 251 del Codice Civile stabilisce che il soggetto che ha la custodia della cosa che ha causato il danno, dovrà risarcire il terzo danneggiato. Buona norma preventiva quindi è la copertura assicurativa per questo tipo di danno. Di norma, le polizze assicurative degli Enti locali prevedono sempre questa eventualità.