EDITORIALE  di Vittorio Venuti - Cambia l’Esame di Stato, ma il sistema non cambia!

In quest’ultimo periodo, anche in coincidenza con gli scrutini quadrimestrali e con l’approssimarsi della conclusione dell’anno scolastico, come ricorre ormai da anni,è tornato ad accendersi il dibattito sulla funzione della bocciatura e sull’utilità di ripetere l’anno scolastico. Questione che riemerge puntualmente ma che continua a non trovare riscontro negli alti vertici, che preferiscono impegnarsi in interventi di facciata più che non di sostanza. Non sfugge a questa logica neanche l’operazione di restyling dell’esame di maturità, intervenuto in corso d’anno scolastico e, quindi, già solo per questo foriero di malumori non solo tra gli studenti.

Immaginiamo che anche la frequenza scolastica comporti una sorta di contratto tra scuola, studenti e genitori e che qualsiasi modifica si voglia apportare debba essere spiegata nelle premesse e nelle intenzioni, motivata e giustificata certamente non da discutibili scelte di parte. Soprattutto occorrerebbe che le modifiche introdotte rientrassero in una visione riformatrice del sistema d’istruzione, e non adombrassero Il sospetto che si tratti di ripicche ideologiche.

Certamente, quello delle bocciature è un problema serio, che non trova alcuna giustificazione valida nell’ambito della scuola dell’obbligo e che, anche per gli anni successivi non è indenne da critiche, non tanto o non solo perché si configura in termine di punizione, ma soprattutto perché espressione di un sistema che dalla legge Casati (1859) ad oggi non è riuscito a modificarsi sostanzialmente!

La scuola dovrebbe essere migliore della società nella quale insiste, perché dovrebbe orientare il senso della prospettiva, perché il suo presente racchiude il futuro, perché contiene la potenzialità del domani, perché è promozione di persone e talenti riconoscendo che ciascuno è potenzialmente un insieme di talenti. La scuola, una scuola che tiene ai giovani di cui ha cura, non li misura per premiarli o scartarli, semmai li valuta per favorire la capacità critica dell’autovalutazione, per favorire la costruzione di quella capacità di assunzione di responsabilità indispensabile alla crescita consapevole e all’acquisizione di quella cittadinanza attiva che si profila come dettato di civiltà, di reciprocità e di sussidiarietà.

Mi capita a volte, a fronte di voti e giudizi - anche al di là del fatto che siano positivi o negativi - di sentire insegnanti che ne confermano la validità in quanto sono la“fotografia reale” di quello studente in quella data situazione al termine di un percorso. Mi chiedo: esiste una fotografia reale? Ha senso del reale un voto? E che senso ha un voto negativo nella scuola primaria o anche nella secondaria di primo grado se sappiamo bene che i bambini e i preadolescenti maturano tutti con tempi e modalità differenti l’uno dall’altro? Che lo stesso profilo cognitivo si esprime attraverso stili diversi e che l’intelligenza non solo non è misurabile ma non si identifica neanche solo con quella logico-matematica o linguistica? Che ciascuno è anche l’esito più o meno fortunato dell’ambiente più o meno“attrezzato”culturalmente ed economicamente in cui sta crescendo?

Il discorso, comunque, non si esaurisce con la scuola del primo ciclo, perché il secondo ciclo non può pensarsi svincolato da esso e non può affermarsi contraddittoriamente ad esso. Non è questione di bocciatura o promozione: è soprattutto questione di sistema e del coraggio di riformarlo radicalmente, rinunciando a reiterare valori che persistono da tempo immemorabile perché si è sempre fatto così e perché poi la vita, fatalmente, presenterà il conto… . La scuola deve essere meglio della società in cui insiste, ma bisogna crederci!

Per fortuna, ci sono docenti, molti docenti illuminati che sanno porsi la questione e anticipano concretamente ciò che i gestori del sistema si interdicono di pensare. In questa direzione vanno i movimenti spontanei che hanno rimesso in discussione la lezione frontale proponendo modalità alternative di conduzione della classe. Senz’altro da segnalare e seguire il dibattito aperto da due diverse aggregazioni di docenti (il “Gruppo di Firenze” e “Condorcet”) in favore di un’organizzazione scolastica basata su corsi annuali piuttosto che su classi, in modo che, a fronte di un’insufficienza in una disciplina, l’allievo possa ripetere solo quello o quei corsi e non l’intero anno, ponendo un argine alle bocciature.

La rivista si apre con due contributi che trattano proprio del nuovo esame di stato. L’Esame di Stato ha subito forti modificazioni ad anno scolastico inoltrato e questo, come c’era d’attendersi, ha generato inquietudine e malcontento, in un crescendo che ha seguito il delinearsi delle novità introdotte.

Con il primo contributo dal titolo “Il nuovo esame di stato del 2° ciclo”,Antonio Di Lelloprocede ad una prima analisi del D.Lgs. n. 62 del 13 aprile 2017 recante Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107 con il quale sono stati introdotti cambiamenti ed innovazioni significativi alla struttura e all’organizzazione dell’Esame di Stato conclusivo del 2° Ciclo.

A seguire Maria Torelliin “Didattica per competenze e nuovo esame di Stato: aspettando le simulazioni della seconda prova scritta” propone una disamina attenta, andando a cogliere il nucleo attorno a cui si struttura il nuovo esame: in coerenza con l’impianto generale delineato dai tutti i decreti di riforma degli ordinamenti, l’Esame non dovrà più limitarsi ad accertare il possesso di conoscenze e di abilità, ma dovrà certificare l’acquisizione di competenze, definite dalle Linee Guida o dalle Indicazioni Nazionali per gli specifici indirizzi di studio. Le simulazioni della prima prova confermano tale orientamento.

Al tema della responsabilità del dirigente scolastico è dedicato il pezzo di Anna Armone“La responsabilità in vigilando del dirigente scolastico sull’esercizio dell’azione amministrativa”,che si inserisce nella generale tematica dell’elemento psicologico dell’illecito amministrativo. Si tratta di responsabilità amministrativo-contabile, che consiste nel danno procurato dal dipendente e che vede la Corte dei Conti quale giudice naturale. Al dirigente compete l’obbligo di vigilanza in quanto organo di vertice che dirige, coordina e controlla l’attività degli uffici che da lui dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi.

Recentemente si è acceso un forte dibattito politico intorno al riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, inizialmente richiesto da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e poi appetito da altre regioni del Paese, e che ha dato il via ad una veemente impennata di perplessità e indignazione. Francesco G. Nuzzacisi sofferma sulla questione in “Sull’autonomia differenziata in materia d’istruzione”, andando a rilevare i riflessi che siffatta differenziazione potrebbe far registrare in capo al sistema scolastico.

Il momento storico che stiamo attraversando si appalesa in tutte le sue contraddizioni a conferma di una diffusa vulnerabilità e fragilità che si sprigionano in tutti i settori di vita e fra tutte le categorie sociali. Michela Lellarileva, in “In cerca di credibilità”, che si è smarrito il valore delle partiche e degli strumenti che appartengono al discorso pedagogico, in corrispondenza della rinuncia degli adulti al loro ruolo educativo e alla relativa responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. Di conseguenza, si sono imposti il primato del permissivismo e dell’indulgenza, che hanno favorito l’invalidazione dei ruoli educativi degli adulti sia dei genitori sia degli insegnanti, con ripercussioni clamorose sulla loro credibilità.

A seguire, Gian Carlo Sacchi riflette su “Istruzione e formazione professionale: un’occasione mancata?”, descrivendo la problematica situazione nella quale si trovano gli istituti tecnici, sempre più indeboliti rispetto ai licei, la formazione professionale in ragione dei rapidi cambiamenti del mondo del lavoro e gli istituti professionali che, pur avendo avuto una grossa spinta al rinnovamento, lasciano intravvedere difficoltà ad agire in tempi rapidi, anche per quanto riguarda la riorganizzazione delle risorse finanziarie.

Damiano Verdasi sofferma, in “Riforme educative: l’agenda Macron”, sulle importanti novità che interesseranno il sistema scolastico francese, in particolare con l’approvazione di una legge che vuol marcare una discontinuità rispetto alla tendenza dominante. Più nello specifico, paresi cerchi di definire una sorta di oasi scolastica, al riparo da stimoli esterni che risultano forse, almeno fino a una certa età, troppo numerosi, rapidi e complessi da gestire: un primo strumento individuato a tale scopo è il divieto di cellulare o smartphone in aula, fino ai 14-15 anni, prescrizione che ha avuto grande risalto sui media al punto da essere stata ripresa anche in Italia.

Sono circa 800 mila gli allievi stranieri, provenienti da 190 differenti Paesi del mondo, che frequentano la scuola italiana, che può, a ragione, definirsi un laboratorio privilegiato per la costruzione di una democrazia pluralista e socialmente coesa. Un punto di forza, quindi, del nostro sistema d’istruzione, che Loredana Garritano espone approfonditamente in “Gli alunni con cittadinanza non italiana e le buone pratiche di una scuola per tutti”, evidenziandone l’importanza culturale e sociale e rilevando la necessità di considerare la prospettiva interculturale che si va disegnando come nuova normalità superando l’approccio emergenziale ed estemporaneo. Gli alunni di origine non italiana rappresentano un orizzonte di cambiamento per tutta la scuola.

L’argomento “Quota 100”,riferito alle pensioni, è particolarmente dibattuto da qualche tempo a questa parte, perché arricchisce il nostro sistema previdenziale, sia pure in forma sperimentale, per il triennio 2019-2021, di una vasta gamma di canali di pensionamento. L’argomento è ampiamente ripreso da Maria Rosaria Tosianiin “Pensioni scuola A.S. 2019/2021”.

Per I Casi della Scuola, Antonio Di Lello si ispira al deliberato di una sentenza di Tivoli in ordine all’operato di un Dirigente scolastico reggente che ha attribuito al Collaboratore Vicario il compenso per compiti specifici con mansioni meramente collaborativi e non riferibili alla funzione dirigenziale per assenza/impedimento del Dirigente, sollevando le rimostranze dello stesso Collaboratore Vicario che, invece, si riteneva meritevole dell’indennità per compiti superiori. Il caso: “Indennità funzioni superiori- Riconoscimento del diritto al compenso”.

Per La Scuola in Europa, Mario Di Mauro, sotto il titolo “Scuola di ieri, scuola di oggi nella ex Jugoslavia”,prosegue la riflessione, avviata nel n. 1 di gennaio 2019, su cosa e come rimane della prima Federazione balcanica negli odierni sistemi educativi nazionali. Nel panorama proposto, si evidenzia la situazione delicata del Kosovo, il cui riconoscimento internazionale è ancora incompleto.

Per Appunti di Psicologia, Vittorio Venuti si sofferma sul concorso per dirigenti scolastici, entrato nella fase finale, e propone una serie di suggerimenti su come presentarsi alla prova orale: “All’orale cadono le maschere”. X

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