DIRIGERE LA SCUOLA n.8/2019

Concorso dirigenti scolastici:si va avanti! ... con riserva

Editoriale  di Vittorio Venuti

Infine è arrivata la salomonica decisione del Consiglio di Stato: il concorso dei dirigenti va a conclusione e ogni decisione in merito ai ricorsi, che avevano portato il TAR Lazio a sentenziarne l’annullamento, si sposta ad ottobre, dopo che i vincitori saranno stati nominati e si saranno insediati, rimediando, in tal modo, al costume delle reggenze, ormai pervenuto ad una consistenza numerica intollerabile ed umiliante per l’intero sistema scolastico.

Con la decisione del CdS non si chiude la partita, la si rinvia soltanto perché la scuola non abbia a trovarsi impedita a riprendere il proprio corso con l’avvio del nuovo anno scolastico. In tal modo si sospende la sentenza di annullamento pronunciata dal TAR Lazio e, contemporaneamente si sospende ogni pronunciamento in merito ai ricorsi che l’hanno prodotta. Significa che si è “preferito”tutelare la scuola per evitarle di precipitare nel delirio organizzativo proprio in chiusura di una procedura concorsuale, che passerà alla storia per la massiccia quantità di ricorsi di cui è stata fatta segno fin dal primo momento e che ha visto un proliferare di contestazioni in tutte le fasi di svolgimento. Contestazioni, peraltro, quasi mai campate per aria, così tanti sono stati i punti critici della procedura, le falle, le incoerenze e i molti casi di ottusa conduzione nei momenti di svolgimento delle prove.

Il CdS ha evitato di entrare nel merito del ricorso in questo preciso momento storico preferendo far prevalere l’interesse pubblico “a prescindere dal merito delle questioni devolute in appello e da ogni valutazione sull’effettiva portata invalidante dei vizi dedotti (segnatamente dei vizi riscontrati dal primo giudice), sulla base di un bilanciamento di tutti gli interessi in conflitto ed alla luce di una valutazione comparativa degli effetti scaturenti dall’esecuzione dell’appellata sentenza”, riservandosi di decidere la questione all’esito della discussione fissata per il prossimo 17 ottobre. Come dire che, di eventuale annullamento, si parlerà dopo, con tutto quel che ne potrà conseguire.

Sta di fatto che molti ricorsi - sono diverse centinaia i ricorrenti - sono ancora in piedi, e non è possibile ipotizzare gli effetti che ne potranno derivare. Certo, quel che fa specie è la leggerezza con la quale responsabili del dicastero hanno bellamente dichiarato che la vigilanza sul concorso non era di loro competenza ma della società appaltante! Intanto, già durante la prova scritta, si erano registrati numerosi casi di malfunzionamento delle apparecchiature informatiche, disdicevoli/disturbanti comportamenti degli assistenti, contraddittori comportamenti delle diverse commissioni. Lo stesso inizio della prova non è stato simultaneo in tutte le sedi, come previsto dal regolamento; esemplare il rinvio dello scritto per i candidati della Sardegna causa maltempo.

A conclusione della prova orale, leggendo gli esiti del lavoro delle diverse sottocommissioni, appare eclatante la difformità di valutazione con cui hanno proceduto: si va da commissioni che estremamente selettive a commissioni generose, da commissioni che hanno messo a loro agio i candidati a commissioni poco disponibili, da commissioni che hanno centrato domande possibili alla cultura del dirigente ad altre che hanno cercato di cogliere in fallo i candidati con domande di difficile accesso e, comunque, distanti dalle effettive conoscenze richieste. I criteri di valutazione e di conduzione dei colloqui sono stati difformemente applicati con inevitabili ripercussioni sugli esiti.

Si può dire che qualcosa non ha funzionato? Che la selezione è stata ingiusta? Che l’obiettività non è stata un obiettivo comune? Che, ancora, ha prevalso la fortuna di capitare in una commissione anziché in un’altra? Il che significa che tra i non vincitori ci sono persone che meritavano di conquistare l’idoneità se solo fossero stati assegnati altrove. Del resto, spiace dirlo, questo è l’esito di un concorso nato male e finito peggio, fin dal primo momento a rischio di annullamento.

Sullo sfondo, comunque, la soddisfazione del Ministro Bussetti: “Bene la sospensiva del Consiglio di Stato. Procederemo ora senza indugio con la pubblicazione della graduatoria e le assunzioni - dichiara - So quanto hanno studiato i vincitori. Ci sono passato: ho fatto anche io questo concorso anni fa. La scuola italiana non può aspettare, ha bisogno di nuovi dirigenti scolastici per guidare i nostri istituti e superare il fenomeno dannoso delle reggenze. Glieli daremo”.Una soddisfazione che appare come un sospiro di sollievo, ma che non assolve dalle responsabilità per un così evidente fallimento degli obiettivi. Non si tratta, infatti, di sentenza che solleva il MIUR dalle proprie responsabilità di vigilanza sulle procedure concorsuali, responsabilità di cui il MIUR sarà comunque chiamato a rispondere, direttamente o indirettamente.

Si avrebbe buon gioco nel dire che questo concorso riflette la confusione che regna, “dal di dentro”, intorno alla scuola, che si diparte da profili ideologici troppo spesso velleitari e da approssimazioni riformiste inadatte o incapaci di permeare la materia al fine di riscontrarne con decisione i nodi strutturali che la definiscono per rivederne impianti e percorsi, a partire dalla riconsiderazione dell’importanza che istruzione, educazione e formazione hanno per il futuro del Paese.

Intanto, per converso, sembra che un problema fondamentale per la scuola sia quello di evitare il sessismo nella formulazione di corrispondenza e documenti, adottando l’uso dei vocaboli neutri, per includere, paritariamente entrambi i sessi. In proposito, infatti, farà testo una nuova direttiva - firmata dalla Ministra Bongiorno, titolare del dicastero della Pubblica Amministrazione, e dal sottosegretario con delega alle Pari Opportunità, Spadafora - nella quale, oltre all’adozione della terminologia che contempli la parità di genere nella pubblica amministrazione, si prevede anche una formazione ed un aggiornamento che contribuiscano allo sviluppo della cultura di genere anche nei ruoli apicali.

Stiano attenti, quindi, i Dirigenti Scolastici nel redigere circolari, relazioni, decreti, regolamenti e quanto altro di ufficiale: non scrivano genericamente“docenti”ma“personale docente”,non semplicemente“studenti”ma“studentesse e studenti”, non“collaboratori scolastici”ma “personale ATA con funzione di collaboratore scolastico”.Chi scioglierà il dubbio in merito al termine “scolastico” per“il”e “la”Dirigente?

In proposito, a titolo informativo, ricordiamo che già l’ex Ministra Fedeli, nell’ottobre del 2017 aveva emanato delle linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo che riguarda il mondo della scuola, in attuazione dell’articolo 1, comma 16 della Legge 107 del 2015, documento nel quale un intero paragrafo è dedicato a“Il femminile e il maschile nel linguaggio”, il cui uso consapevole veniva ribadito come fondamentale per la diffusione della cultura del rispetto, con l’obiettivo di arrivare a un reale superamento delle disuguaglianze e dei pregiudizi.

 

Entriamo nel merito della rivista.

Si apre con un articolo di Giacomo Mondellisu “La progettazione curricolare nel PTOF: aspetti della costruzione del curricolo di istituto”, nel quale si approfondisce l’importanza che, tra gli insegnanti e con il concorso e la guida del dirigente scolastico, nella scuola si sviluppi e si persegua la cultura del curricolo, che passa, in primo luogo, attraverso la progressiva ma sempre più diffusa consapevolezza della notevole diversità esistente tra “curricolo”(da costruire autonomamente in ogni istituzione scolastica anche se sulla base educativa, culturale e formativa unitaria proposta dalle Indicazioni Nazionali/Linee Guida) e “programma”(nazionale, prescrittivo in ogni sua parte e, perciò, semplicemente da attuare).

Con il prossimo anno scolastico si entrerà nel vivo del secondo ciclo di valutazione delle scuole e si avvierà l’attuazione del secondo PTOF triennale. Alla vigilia delle nuove scadenze, Maria Torelli propone, in “La scuola che vorrei”,di ripensare gli aspetti più cruciali dell’impianto didattico-organizzativo delle scuola, prendendo spunto dal Quaderno n. 15 di Treellle, pubblicato nell’aprile scorso e che propone, al decisore politico, un insieme di azioni di carattere davvero rivoluzionario per intervenire sui problemi che la scuola italiana evidenzia e che riguardano soprattutto gli alti tassi di dispersione, le percentuali preoccupanti di analfabetismo funzionale e l’alta incidenza dei fenomeni di bullismo.

Fa riferimento allo stesso Quaderno di Treellle, il contributo di Viviana Rossiche, in “Curricolo: più personalizzazione e più tempo scuola”, prosegue il suo percorso di riflessione avviato sulla rivista di giugno e proseguito su quella di luglio. Adesso, avendo già parlato dell’importanza della relazione, della comunicazione e della reciproca fiducia tra scuola e studenti/famiglie nella lotta agli abbandoni scolastici, lo scritto focalizza l’attenzione sull’importanza di curricoli più personalizzati e differenziati, proprio per evitare il fenomeno di tutti quei giovani che lasciano la scuola senza alcuna certificazione delle proprie competenze e senza gli strumenti per inserirsi nella vita adulta.

Le statistiche ci informano che gli studenti con difficoltà sono in aumento, in qualche modo sollecitati dalla normativa sui BES, che ha ampliato il ventaglio delle situazioni che possono determinare il riconoscimento di attenzioni particolari da parte della scuola, superando l’obbligatorietà della certificazione specialistica e riconoscendo ai docenti una “discrezionalità diagnostica”laddove si evidenzino disturbi legati a fattori socio-economici, linguistici e culturali. Giovanna Stranoriflette sul tema con il contributo “Ambienti di apprendimento e inclusione scolastica”, ribadendo che, per questi studenti, il processo insegnamento/apprendimento necessita di strumenti didattici, metodologici e organizzativi flessibili, agevolmente modificabili al fine di essere adattati alle capacità di ciascuno. La strutturazione dell’ambiente di apprendimento, nell’ambito del modello ICF dell’OMS, applicato alla scuola e rilanciato nel D.lgs. n. 66/2017, assume particolare rilievo se correlata al concetto di inclusione.

“Lo spazio della parola e la noia”è il titolo del contributo di Michela Lella, che rileva come la nostra scuola sia ancora la scuola tradizionale dell’ascolto. Le aule cambiano volto perché al posto delle lavagne in ardesia ci sono le LIM, i computer e i tablet prendono sempre più spazio e tendono a sostituire i libri, il registro da cartaceo si è trasformato in elettronico; ma la tecnologia da sola non cambia la scuola! Ormai è acclarato che occorra ripensare la scuola e smuoverla dalla centralità dell’insegnante e dell’apprendimento per ascolto, caratteristiche che incoraggiano indolenza e demotivazione. Gli oltre 135mila studenti che la scuola perde ogni anno sono un riflesso di un sistema scolastico che non riesce ad emanciparsi dal passato.

A seguireAnna Armoneparla de “Gli aspetti fondamentali del diritto di accesso agli atti”, richiamando il dettato della legge 15/2005, che ha riscritto in parte l’art. 22 della legge 241, per cui il diritto di accesso ha assunto rilevanti finalità di pubblico interesse, in quanto principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Si riscontra, dunque, che la ratio del diritto di accesso consiste nell’assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa, in attuazione del più generale e costituzionalmente protetto interesse al buon andamento ed all’imparzialità dell’agire pubblico, e nel garantire, al tempo stesso, le esigenze partecipative e difensive dell’interessato.

Orsingher eFebbepropongono come argomento“I contributi volontari nella scuola”,focalizzando l’attenzione su una specifica voce di entrata nel programma annuale, il finanziamento privato alle scuole, ovvero le richieste di contributo ai genitori per finanziare le attività scolastiche. Tali richieste sono giustificate o la scuola deve essere completamente gratuita? A tutt’oggi, rilevano gli estensori dell’articolo, la situazione finanziaria delle scuole è la seguente: a fronte di una spesa di “funzionamento”pari a 100, lo stato contribuisce per un 20% mentre la restante quota viene supportata dalle famiglie attraverso il contributo volontario, necessario per poter far fronte alle sfide che l’autonomia scolastica impone attraverso laboratori sempre più efficienti e aule multimediali ricche di tablet, lim ed ogni altro sussidio tecnologico necessario.

A seguire  proponiamo un pezzo di Samuele Giombi “Nuovo esame di stato di 2° grado alla prova”in cui l’autore sviluppa alcune considerazioni in ordine alle innovazioni che sono state apportate o meglio che si sta cercando di apportare all’esame di stato.

Infine, sempre a firma di Orsinghere Febbeuna riflessione su “Le modifiche al programma annale”,in considerazione che, con l’inizio del nuovo anno scolastico, si possono rendere necessarie delle modifiche al programma annuale per adeguarlo alle nuove esigenze amministrative e didattiche. Il discorso riscontra la situazione che si determina quando, al di là di quanto possano essere state ponderate, le previsioni di spesa non coincidono con l’effettivo svolgimento della gestione.

Per Psicologia della Gestione, Vittorio Venutipropone una riflessione su “Quanto vale, per la scuola, un bambino con… fragilità?”,una domanda lecita specialmente nell’ambito della scuola del primo ciclo, considerato che le prestazioni dei bambini e dei ragazzi vengono quantificate in numeri e che il loro “utilizzo”viene assoggettato spesso a interpretazioni ritenute “obbiettive”, ben sapendo che l’obbiettività non è pratica a buon“mercato”,che ogni bambino si caratterizza per proprie personali dotazioni e disposizioni e corrisponde alle richieste dell’insegnante anche e specialmente in funzione della relazione che si è stabilita, della considerazione di cui si sente circondato e del coinvolgimento/contatto di cui ha fruito, oltre che del rapporto tra richieste prestazionali e competenze disponibili. Peraltro, la domanda introduce al senso del termine“Inclusione”, quale diritto riconosciuto indistintamente

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