Tra la suggestione dei badge Invalsi e l’attesa del dimensionamento
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
Trascorso un anno, rieccoci all’appuntamento con le prove Invalsi. Quest’anno fa discutere l’intervista rilasciata dal presidente Roberto Ricci al quotidiano “Italia Oggi”. Parlando delle prove per gli studenti che dovranno affrontare l’esame di “maturità”, il presidente Ricci ha annunciato che, “nel caso dei maturandi, se vanno bene riceveranno per ogni singola prova un badge elettronico da poter utilizzare nel mondo del lavoro” e “certificazioni linguistiche” per l’università. Per queste ultime, Ricci precisa che già “alcuni atenei usano le certificazioni Invalsi per abbonare agli studenti gli esami di certificazione linguistica”. Ovviamente, tenendo conto che le Università chiedono “il livello B1 per la laurea di primo livello triennale e il livello B2 per quella di secondo livello quinquennale, bisogna raggiungere questo livello nelle prove: purtroppo ci sono studenti che non ce la fanno”. Le prove Invalsi, quindi, si rivelano sempre più determinanti nel percorso scolastico degli studenti, a conferma della loro obbligatorietà, dell’incidenza risolutoria che hanno circa l’ammissione agli esami di stato e della linea valutativa che, seppur sempre negata, in qualche modo fa loro da sfondo.
Alla infondatezza scientifica delle prove, dunque, si aggiunge anche questo nuovo orientamento che, ad una prima lettura, appare diseducativo. Il tutto, ovviamente, se le cose stanno veramente nei termini riportati dall’intervista. Francamente, ci piacerebbe sapere quale vero riscontro diano alle prove le singole istituzioni scolastiche: come vengano recepite, come siano affrontate, come vengano interpretate dagli studenti, di quanto si tenga conto delle loro risultanze nella didattica messa successivamente in atto dagli insegnanti e dai rilievi che ne vengono fatti sul PTOF Accanto alla disponibilità di mettersi alla prova di molte scuole, occorre registrare una sorta di cronico fastidio di altrettanti istituti scolastici che non riescono ad apprezzarle, in molti casi essendo vissute come una verifica esterna di quel che viene fatto a scuola senza conoscerne la storia e al di là della territorialità, della composizione degli ambienti di apprendimento, delle caratteristiche della popolazione studentesca. Per molti aspetti c’è da chiedersi se sia la scuola a giustificare l’Invalsi o se si vada verso la deriva che vuole sia l’Invalsi a giustificare la scuola.
Andando oltre, si avvicina sempre più il fatidico dimensionamento delle istituzioni scolastiche in ragione del forte calo demografico che si prospetta già dal prossimo anno scolastico. Ricordiamo che la scuola continua a pagare l’improvvido e onerosissimo dimensionamento 2000/2001, che ha avuto notevoli ripercussioni sulla qualità del funzionamento delle istituzioni scolastiche. Il prossimo dimensionamento aggraverà ulteriormente la situazione: ostacolando quel perseguimento della qualità che dai Piani alti si continua a reclamare. È proprio strana la politica scolastica! Con nonchalance da una parte si richiede una scuola di qualità e dall’altra la si ostacola con capziosa determinazione. Il calo demografico dovrebbe indurre la riorganizzazione del sistema scolastico riducendo il numero di alunni per classi, anziché progettare l’accorpamento di scuole.
Altrimenti… altrimenti sarà evidente, ancora una volta, che la scuola non interessa ai decisori politici né tantomeno ai Piani alti del Ministero.
Gli articoli di questo numero:
Vittorio Trifoglio propone una riflessione su “Il coinvolgimento degli enti del Terzo settore nel PNRR dispersione”, una presenza, nel campo dell’istruzione, divenuta sempre più frequente e costante attraverso azioni legate alla socializzazione, al dopo scuola, ad interventi localizzati, intercettando e facendosi promotore di quelle esigenze della comunità di riferimento che, per svariati motivi, sono diventati sfuggenti al sistema di Istruzione. Il loro contributo è sostenuto anche dallo stesso Ministero dell’Istruzione che, nel D.M. 170/2022, relativo al riparto delle risorse per il contrasto alla dispersione nell’ambito dell’Investimento 1.4 del PNRR, prevede la partecipazione di tali enti nell’ottica di poter istaurare una sinergia e una collaborazione sempre più marcata con le associazione che operano sul territorio. L’articolo è corredato dal modello di “Avviso per la selezione di soggetti del terzo settore”.
Stefano Stefanel riprende, in “Il disciplinarismo e la pedagogia”, la posizione assunta dal Ministero sulla questione dei divari territoriali, generando molta diffidenza per le modalità con cui erano stati misurati e indicando le aree d’intervento, lasciando alle singole scuole un possibile raccordo con i miglioramenti degli esiti e precisando che il target non sarebbe stato misurato sugli esiti (diminuzione dei divari, diminuzione della dispersione), ma sulla effettiva partecipazione degli studenti alle attività. Una logica, questa del Ministero, purtroppo coerente col nostro sistema socio educativo per cui gli esiti positivi sono merito di chi eroga il servizio, gli esiti negativi sono sempre causati da un comportamento negativo di chi il servizio lo fruisce. Da qui una disamina dei percorsi proposti/imposti.
Daria Parma presenta una acuta riflessione sul paradigma della giustizia riparativa nei conflitti scolastici in “Riparare a scuola”. Il contributo si avvia dalla testimonianza di Adriana Faranda, una dei responsabili della lotta armata che sconvolse l’Italia negli anni ’70 e ’80 e culminò con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Solo dopo circa trent’anni un gruppo di esperti si attivò per sanare il bisogno di giustizia delle vittime e dei familiari, per sette anni facendo incontrare vittime e responsabili alla presenza di mediatori, dando così voce a chi aveva subito la violenza e facendo comprendere ai responsabili che la loro aggressione, rivolta ai simboli dello Stato, si era in realtà rivolta contro persone e la loro rete di relazioni, sconvolgendone le esistenze. Cosa c’entra questo con la scuola? Lasciamo al lettore di scoprirlo leggendo l’articolo.
Selvaggia Pezone si sofferma su “La seconda prova scritta negli istituti professionali di nuovo ordinamento” evidenziando la novità recata dall’art.20 commi 1 e 3 dell’ordinanza n. 45 del 9 marzo 2023 che disciplina la seconda prova scritta dell’esame di stato, a seguito della Riforma degli Istituti Professionali avvenuta con il dlgs 61/2017. Nel prossimo esame di Stato in questo settore scolastico la seconda prova scritta non sarà più sulle discipline ma sulle competenze in uscita e sui nuclei fondamentali di indirizzo correlati.
Lidia Elia ci riporta al festival di Sanremo con “Non dovevano essere solo canzonette?” per rappresentare la nuova sfida educativa che si è prospettata in quel contesto. Si allude al comportamento bizzarro e distruttivo con cui un cantante ventenne ha reagito, ma più ancora al fatto che, durante la serata finale del festival, milioni di famiglie e di minori hanno dovuto assistere alla simulazione in diretta di un rapporto omosessuale con relativo orgasmo e ad un bacio non simulato tra i due cantanti. Al di là delle argomentazioni che ne sono seguite, in merito agli orientamenti verso una politica cosiddetta “gender fluid”, resta da chiedersi cosa possono provocare nei giovani certe scene proposte a sorpresa sul più bello di una serata dedicata al canto.
Anna Armone argomenta su “Il rapporto dirigente consiglio d’istituto” avendo come riferimento la decisione TAR Lombardia n. 75 del 4/01/2023, che ha prodotto l’annullamento del provvedimento di un consiglio d’istituto adottato da un USR a seguito di una visita ispettiva che aveva riscontrato più violazioni inerenti il l’attività dell’organo. La riflessione approfondisce i termini dell’annullamento del ricorso, proposto dal presidente e dai consiglieri dell’istituto, attraverso l’analisi della motivazione la cui formulazione non risulta immediatamente chiara.
Mario Di Mauro, per la Scuola in Europa, si chiede “Ma alla fine cos’è l’Europa? E quale la sua cultura educativa?”, domande cruciali oggi per un continente ormai per gran parte comunitario, che scopre tragicamente le sue etnicità. Il contributo, comunque, fornisce una guida, con riferimenti anche storici, per comprendere il senso delle domande ed incrociare le risposte.
Gianluca Dradi, per Giurisprudenza Scolastica, incentra il suo intervento su “Il rapporto dirigente consiglio d’istituto”, nel quale si rileva che, pur se il dipendente ha facoltà di dimettersi dal servizio quando vuole, con l’unico onere di rispettare i termini di preavviso contrattualmente definite, per il personale della scuola vige una disciplina particolare relativa alle dimissioni dal servizio, in quanto il principio di libera autodeterminazione trova un bilanciamento nell’interesse al buon andamento dell’attività scolastica e quindi la facoltà di dimettersi è soggetta a termini che servono a dare tempo all’amministrazione per riorganizzarsi sostituendo il dimissionario.
Stefania Cera e Alessandra Morazzano per la Rubrica i Casi della scuola presentano e analizzano due casi che investono l’attività di gestione del dirigente scolastico. Nel primo caso proposto si analizza la “Responsabilità del Dirigente Scolastico per l’assegnazione dei docenti alle classi” mentre nel secondo caso si tratta della problematica che investe il “ Cumulo d’impiego e contestuale richiesta di aspettativa per svolgere altro lavoro privato”.
Vittorio Venuti, per Psicologia della Gestione, interviene con “Nella memoria la potenzialità del futuro”, evidenziando l’importanza di considerare la memoria non solo come un semplice “muscolo” da allenare ma come sede dinamica che raccoglie le esperienze significative dell’individuo e le rende disponibili per l’apprendimento e per ricreare ed adattarle alle richieste che il futuro continuamente propone. Sullo sfondo vengono accortamente esplicitati i riferimenti scientifici che ne spiegano i meccanismi, nella convinzione che anche una conoscenza in merito da parte dell’insegnante possa contribuire a riscontrare meglio le modalità di apprendimento degli alunni.
Vincenzo Casella, infine, per la Rubrica Sportello assicurativo in “Manleva in caso di infortunio” chiarisce una questione molto presente nella prassi scolastica dove, molto spesso, i genitori dei figli minori, anche su richiesta della scuola, sottoscrivono dichiarazioni di esonero della responsabilità a favore dell’istituto scolastico dichiarando di sollevare da ogni responsabilità la scuola nel caso di eventuali incidenti o infortuni.