Ripensare il sistema organizzativo della scuola non più adeguato e fermo da molti anni
Editoriale di Anna Armone
Direttore Responsabile
L’assetto organizzativo di un’amministrazione pubblica costituisce il sistema nervoso della stessa che consente il percorso trasparente e fluido delle decisioni.
A seguito della l. “Bassanini 1” un’ipotesi di ridisegno globale dell’articolazione e delle competenze ministeriali fu avviata dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. L’art. 4 prevede che l’organizzazione, la dotazione organica, l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l’individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del ministro emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 4 bis, della legge 23 agosto 1988, n.400. Si applica l’articolo 19 della legge 15 marzo 1997, n.59. Da diversi anni oramai il Regolamento di organizzazione del Ministero, previsto dall’art. 4 del d.lgs. 300/1999, viene adottato con D.P.C.M. e non più con d.p.r., con la conseguenza della facoltatività dell’acquisizione del parere del Consiglio di Stato, elemento questo per così dire caratterizzante tale atto (a parte ovviamente il non coinvolgimento nella procedura del Presidente della Repubblica). È necessario riportare stralci normativi di un iter oramai fossilizzato che ha messo il recinto all’autonomia scolastica.
L’assetto organizzativo del sistema dell’istruzione risale art. 75 del d.lgs. 300/1999: [Gli USR] esercitano tra le funzioni residuate allo Stato in particolare quelle inerenti all’attività di supporto alle istituzioni scolastiche autonome, ai rapporti con le amministrazioni regionali e con gli enti locali, ai rapporti con le università e le agenzie formative, al reclutamento e alla mobilità del personale scolastico, ferma restando la dimensione provinciale dei ruoli del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliare, alla assegnazione delle risorse finanziarie e di personale alle istituzioni scolastiche. Il comma 3 prevede che “ai fini di un coordinato esercizio delle funzioni pubbliche in materia di istruzione è costituito presso ogni ufficio scolastico regionale un organo collegiale a composizione mista, con rappresentanti dello Stato, della regione e delle autonomie territoriali interessate, cui compete il coordinamento delle attività gestionali di tutti i soggetti interessati e la valutazione della realizzazione degli obiettivi programmati”.
Sin dal primo Regolamento del Ministero dell’Istruzione, il d.p.r. n. 347/2000, è stato previsto che l’USR “Al fine di assicurare la continuità istituzionale del servizio scolastico a salvaguardia dei diritti fondamentali dei cittadini, attiva la politica scolastica nazionale sul territorio supportando la flessibilità organizzativa, didattica e di ricerca delle istituzioni scolastiche; integra la sua azione con quella dei comuni, delle province e della regione nell’esercizio delle competenze loro attribuite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; promuove la ricognizione delle esigenze formative e lo sviluppo della relativa offerta sul territorio in collaborazione con la regione e gli enti locali; cura i rapporti con l’amministrazione regionale e con gli enti locali, per quanto di competenza statale, per l’offerta formativa integrata, l’educazione degli adulti, nonché’ l’istruzione e formazione tecnica superiore e i rapporti scuola-lavoro; esercita la vigilanza sulle scuole non statali paritarie e non paritarie, nonché’ sulle scuole straniere in Italia; svolge attività di verifica e di vigilanza al fine di rilevare l’efficienza dell’attività delle istituzioni scolastiche; valuta il grado di realizzazione del piano per l’offerta formativa; assegna alle istituzioni scolastiche ed educative le risorse di personale ed esercita tutte le competenze, ivi comprese le relazioni sindacali, non attribuite alle istituzioni scolastiche o non riservate all’Amministrazione centrale; assicura la diffusione delle informazioni; esercita le attribuzioni, assumendo legittimazione passiva nei relativi giudizi, in materia di contenzioso del personale della scuola, nonché del personale amministrativo in servizio; supporta le istituzioni scolastiche ed educative statali, in raccordo con la direzione generale per le risorse umane e finanziarie, in merito alla assegnazione dei fondi alle medesime istituzioni. L’ufficio scolastico regionale cura, inoltre, le attività connesse ai procedimenti per responsabilità penale, amministrativo-contabile e disciplinare a carico del personale amministrativo in servizio presso l’ufficio scolastico regionale esclusi i dirigenti di prima fascia e fatte salve le competenze di cui all’articolo 6, comma 5, lettere s) e u).
Tali competenze non sono mai state modificate. L’attuale Regolamento, il d.p.c.m. 208/2023, all’art. 8, comma 4 prevede ancora che “Presso ciascun ufficio scolastico regionale è costituito l’organo collegiale di cui all’articolo 75, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, previsto in tutti i regolamenti, dal 1999 in poi”.
Tutto ciò nonostante nel 2001, la legge costituzionale n. 3 abbia determinato un cambiamento radicale nelle competenze sull’istruzione, riconoscendo allo Stato la competenza esclusiva sulle norme generali dell’istruzione, tra le quali l’autonomia scolastica, e alle regioni la competenza legislativa concorrente. Le competenze amministrative seguirono il principio di sussidiarietà, affidate, dunque, ai Comuni ex art. 118.
Lo Stato avrebbe dovuto subire un forte dimensionamento, tanto più che nelle stesse materie di competenza esclusiva statale le relative funzioni amministrative devono essere di norma esercitate dai Comuni e solo eccezionalmente e in via sussidiaria dallo Stato e dagli altri enti locali necessari. Ciò avrebbe dovuto comportare un trasferimento di funzioni e delle relative risorse finanziarie ai soggetti periferici competenti in concreto a provvedere. Non se ne è fatto nulla.
Il sistema è caratterizzato da una logica di tendenziale persistente accentramento burocratico, di centralismo ministeriale, sia pure talvolta dislocato a livello degli uffici regionali scolastici che sono diventati un nuovo punto di riferimento sistematico dell’organizzazione pubblica ministeriale e spesso si è avuta la percezione, anche esplicita, di tentativi di svuotamento dell’opzione per l’autonomia. Da ricordare che, a seguito del D.P.R. 132/2011 l’USR non costituisce più un autonomo centro di responsabilità amministrativa, né assegna le risorse finanziarie alle istituzioni scolastiche. Infatti, secondo la L. 196/2006, centro di responsabilità organizzativa sono le unità organizzative di primo livello, cioè i dipartimenti. Nonostante ciò la situazione è rimasta invariata.
In questo scenario la dipendenza funzionale dell’istituzione scolastica dall’USR, di fatto si riscontra anche nella competenza del Direttore dell’USR, prevista dall’art. 6 d.p.r. 347/2000 di stipulare i contratti individuali con i dirigenti scolastici ed emettere i relativi atti di incarico. Manifestazione di potere datoriale.
Vorrei concludere con le parole di Mariangela Bastico e di Alessandro Pajno.
«Perché, vedete, un potere lo si riduce soltanto se c’è un altro potere che riesce ad affermarsi, cioè è inutile dichiarare che dobbiamo prima smontare il centralismo se poi non abbiamo la forza di farlo, e questo io l’ho ricordato anche alle Regioni. Le Regioni avevano già la piena autonomia di legiferare e di assumere le loro competenze oggi. È inutile che continuiamo a dichiarare che c’è qualcuno che deve creare le condizioni affinché qualcun altro eserciti i suoi poteri. Io credo che questo in un assetto maturo di carattere costituzionale e istituzionale, questo sia un principio che non vuol dire la contrapposizione, vuol dire che dentro un quadro si riconoscono, diciamo così, i poteri e le competenze che nella Costituzione prima di tutto e le leggi assegnano alle varie istituzioni» (Mariangela Bastico, 2008).
«L’autonomia non l’ha voluta attuare la politica perché, dobbiamo dirlo con franchezza, ogni ministro che si siede sulla sedia di ministro dell’istruzione pensa di doversi legittimare nei confronti dei propri funzionari e quindi diventa automaticamente centralista. Cioè è un centralismo di posizione, dipende dalla sedia che occupa. Ritiene che la sua qualità dipenda dalla capacità di dare fiducia ai propri burocrati. C’è la responsabilità del sistema regionale che non ha voluto, sostanzialmente, assumersi le responsabilità che avrebbe potuto assumersi. C’è la responsabilità del sindacato che in qualche modo ha lottato perché c’è la paura che nei confronti dello stesso personale la parola “autonomia” poteva evocare, perché evocava una sorta, come dire, di quadro, appunto, bianco, che non riusciva a identificare» (Alessandro Pajno, 2008).
In continuità con l’editoriale si presenta l’articolo di Giancarlo Sacchi “Il PNRR e la volontà di cambiamento”. L’autore fa un’amara analisi dello stato attuativo del Piano, non tanto per l’efficacia della spesa, quanto per il sistema e il contesto nel quale il Piano va ad attuarsi. I punti critici toccati sono molti, diretti e collaterali, ma necessari per spiegare la frammentarietà del sistema istruzione, nel quale soggetti e obiettivi si muovono senza una logica programmatica che valorizzi, principalmente, la dimensione territoriale dell’autonomia scolastica.
Mario Maviglia completa il percorso illustrativo dell’attività dell’ispettore tecnico. In questa terza parte descrive l’intero percorso non tanto dal punto di vista formale, ma dalla gestione della relazione con l’ispezionato e il suo contesto. È una guida preziosa che spiega dal profondo del vissuto una professione da valorizzare e ridefinire dal punto di vista giuridico.
Massimo Nutini espone efficacemente il progetto di legge presentato il 25 gennaio di quest’anno denominato “Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado”. È davvero una sfida epocale sul passaggio da un sistema escludente a un sistema fattivamente includente, nella convinzione che sia possibile contrastare la spinta egoistica ed individualistica, che si fa strada nel contesto di una visione conservatrice della scuola e della società, incapace di riconoscere nell’altro “una persona”. L’articolo porta a sostegno del valore della proposta esperienze già in atto che dimostrano l’efficacia di un sistema razionalizzato non solo all’interno della scuola, ma anche sul territorio. Il testo dell’articolato del progetto di legge, come afferma l’autore, non è solo una proposta rivolta alle istituzioni e al legislatore; è anche un programma d’azione, un programma che sfida la politica, le istituzioni scolastiche, l’associazionismo, il mondo accademico, la pedagogia, ad esprimersi, a confrontarsi e ad operare.
Alessia De Pasquale affronta la funzione terapeutica del teatro partendo dalla visione ministeriale della sua importanza e spaziando in ambiti “difficili” nei quali la funzione del teatro, da spettatori e da protagonisti, svolge una funzione essenziale di ricostruzione del proprio mondo. Il caso richiamato, di una comunità terapeutica, dovrebbe ispirare interventi formativi teatrali coinvolgenti tutti gli studenti, ma in particolare coloro che hanno bisogno di trovare una propria dimensione inclusiva, allontanandosi dalla condizione, spesso nascosta nel proprio profondo, di isolamento.
Francesco Nuzzaci illustra la pronuncia della Corte di Cassazione sul ritenuto impedimento di accesso al ruolo di dirigente scolastico per mancato superamento di un precedente periodo di prova. La Suprema Corte ha sovvertito le contrarie pronunce del Giudice di prime cure e della Corte d’appello, ponendo fine, come dice l’autore, al calvario di una (declassata) docente ri-vincitrice di concorso a dirigente scolastico, gravido di sofferenze patite e di consistenti spese sostenute.
Vanna Monducci affronta un argomento d’attualità, l’intelligenza emotiva, che non è altro che la capacità di leggere, interpretare e gestire le proprie ed altrui emozioni, imparare a conoscersi e ad instaurare relazioni sane, profonde e arricchenti, elementi cruciali per la crescita, lo sviluppo e il miglioramento individuale e sociale. Il lavoro sull’educazione emotiva è fondamentale, ma in particolare è importante lavorare con bambini e adolescenti fornendo loro sin dall’infanzia tutti gli strumenti per superare le criticità e gli ostacoli della vita e permettere loro di sviluppare le componenti necessarie a diventare adulti consapevoli.
Ivana Summa si sofferma sulla selezione dei docenti tra formazione iniziale, continua ed innovazione. Dopo un’ampia dissertazione sugli scenari e sulla funzione educativa della scuola, inquadra la funzione docente tra le professioni esercitate all’interno di organizzazioni, in questo caso pubbliche, come la scuola. L’analisi delle attuali modalità di reclutamento evidenzia discrasie e vuoti, primo fra tutti la valutazione dell’attività di insegnamento. Come afferma l’autrice, è necessario ed urgente partire da una concezione dell’insegnare e dell’insegnante di cui ha bisogno la nostra scuola oggi e in futuro, comprendendo che l’attuale setaccio iniziale, costituito dai diversi concorsi- alcuni ancora in atto e altri già pianificati - è scarsamente correlato con l’esercizio di una professione che da anni chiede di essere ripensata profondamente nelle fasi di selezione e reclutamento e non soltanto nella declaratoria del profilo contenuta nei contratti di lavoro.
Anna Armone affronta offrendo indicazioni operative il delicato tema della responsabilità del dirigente scolastico nel caso di infortunio occorso durante il PCTO. Il ruolo di garante della salute e della sicurezza degli studenti durante il PCTO è svolto dal soggetto ospitante-datore di lavoro e dal tutor esterno in forza dell’art. 2 D.lgs. 81/20085. Su entrambi ricade la responsabilità penale. Ma tale responsabilità può ricadere, ai sensi dell’art. 40 cod. pen., anche su dirigente scolastico e tutor interno nel caso di palese errata valutazione delle condizioni di sicurezza sia in fase di individuazione del soggetto ospitante che nel corso dell’attività. L’unica estensione della responsabilità del docente, civilistica, si può riscontrare nel caso di percorso scuola-luogo dell’attività, rientrando nella fattispecie dell’art. 2048 cod. civ.
Nella rubrica di giurisprudenza, curata da Federica Marotta, viene trattata la responsabilità per i danni causati dall’alunno a se stesso (Corte di Cassazione, Sez. III Civile, Ord. n. 14720/2024). Per poter leggere in maniera critica e consapevole l’ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione che interesserà la rubrica odierna, è importante affrontare il tema della responsabilità civile e patrimoniale del personale docente in materia di vigilanza sugli alunni, questo al fine di offrire alcuni elementi di natura giuridica ed evidenziare quei punti critici che sono alla base di contrasti interpretativi da parte della giurisprudenza. Nello specifico, nel caso di danno ingiusto auto procurato dall’alunno, la responsabilità è considerata di tipo contrattuale e, pertanto, spetterà al Ministero la prova della non imputabilità del danno, che può essere fornita anche per presunzioni, in quanto, come si è detto, è il ministero a risultare responsabile, che può eventualmente rivalersi sul docente. A ragione, quindi, si va a delineare lo specifico quadro normativo di riferimento, incrociando e combinando le disposizioni legislative con quelle contrattuali.
Vincenzo Palermo propone tre film che entrano di diritto nei percorsi educativi e formativi degli studenti. Il primo film, Racconto di due stagioni, Regia di Nuri Bilge Ceylan, analizza il ruolo della scuola nelle comunità rurali anatoliche. Come dice l’autore, il mondo etico rappresentato nell’opera va oltre i confini del luogo narrato e investe l’umanità intera. Il secondo film, La Terra Promessa, Regia di Nikolaj Arcel, narra le vicende del capitano Ludvig Kahlen che, nel 1775, decide di fondare una colonia nell’incolta brughiera danese. Il film contrappone i due grandi estremi del bene e del male rielaborato intorno ad una vicenda realmente accaduta. Il terzo film è C’era una volta in Bhutan, Regia di Pawo Choyning Dorji. La storia della democratizzazione del Bhutan è un laboratorio etico e politico che permette di riflettere sul ruolo delle democrazie in tutti i sistemi repubblicani odierni. Il film racconta la transizione democratica del Bhutan di metà anni duemila, avvenuta attraverso le libere volontà del monarca e senza alcuna rivoluzione, e realizzata attraverso un modello partecipativo popolare che ha portato ad una vera rivoluzione culturale.
Concludiamo con le recensioni librarie di Giuliana Costantini. Il primo libro, di Rachel Lynn Solomon Nessuna nuvola all’orizzonte, narra duna storia moderna di un’aspirante giornalista che ha da sempre sognato di esercitare tale professione, ma si trova ad affrontare l’ambiente reale del giornale con l’unica arma possibile, la serenità e l’ottimismo. Il secondo libro, di Anna Maria Buontempo, Storia di una maestra. Ricordi e riflessioni di una centenaria, è la tenera storia di una maestra del Sud che, nel secolo scorso, con entusiasmo affronta le difficoltà di un luogo deprivato, rinunciando spesso, come accade, anche al tempo della sua vita privata. L’ultimo libro, di Gaja Cenciarelli, A scuola non si muore, è un giallo ambientato in una scuola, nella quale il vice preside rimane vittima di un delitto. Centrale è il ruolo dell’insegnante di inglese che indagherà sul caso, aiutata anche dai suoi studenti, ragazzini romani che colorano le pagine del libro con il loro linguaggio infarcito qua e là di romanesco. X