DIRIGERE LA SCUOLA N. 10/2020
Riapre la scuola, anima del paese
Editoriale di Vittorio Venuti
Capita ogni tanto che qualcuno (dallo psichiatra di turno all’illuminato giornalista del momento) solleciti un reclutamento dei docenti anche sulla base di test di personalità. È accaduto anche recentemente che un famoso studioso (ne taccio il nome ma, per la sua indiscussa notorietà, la sua proposta è rimbalzata immediatamente sui social dedicati) abbia avanzato un siffatto auspicio. Con tutto il rispetto, credo che non sia questo il problema della scuola, seppure l’attuale modalità di reclutamento del personale docente appaia fortemente inadeguata e contraddittoria rispetto alle finalità che sostiene di perseguire.
L’auspicare una selezione tramite test di personalità, peraltro diventato un luogo comune, equivarrebbe ad una schedatura da regime totalitario, immorale ed eticamente riprovevole; e se anche se ne volesse ammettere, per un solo istante, la validità, allora si dovrebbe estenderne l’applicazione a tutte le categorie d i “lavoratori” del e per il settore pubblico, dalla classe politica ai magistrati, agli psicologi, ai docenti universitari, finanche al semplice impiegato allo sportello… Eh sì, guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro è fin troppo semplice!
Il problema non sono i test di personalità, semmai la composizione del curricolo per accedere all’insegnamento, quindi la formazione prima e dopo, in itinere e continuativamente fino alla pensione. Il problema è la cura che i decisori politici riservano alla scuola, la cui priorità è sempre subordinata a qualche fugace interesse. Il problema è negli stipendi del personale docente (e ATA), che sfiorano il ridicolo e paventano l’indigenza; nel forte divario di funzionamento che ancora si registra nel Paese con scuole straordinariamente attrezzate e superbamente d’eccellenza e scuole che arrancano stancamente con una didattica asfittica o scuole “povere” in quanto ad attrezzature e/o perché ospitate in strutture carenti o inospitali.
Troppe sacche di ingiustizia organizzativa pesano ancora sul sistema scolastico nazionale ed il Covid, costringendo alla chiusura delle attività in presenza, ci ha costretti a registrarne le forti criticità e a riflettere sulla necessità di intercettare nuovi orientamenti per la didattica. Nel pieno della pandemia era voce diffusa il “niente sarà più come prima”,una suggestione che esige di essere messa a fondamento della scuola post Covid, altrimenti negheremmo finanche di aver vissuto questo periodo, che ci lascia in eredità considerazioni straordinarie: si è dimostrato, ancora una volta, che la scuola è l’anima del Paese, un pilastro che sorregge l’organizzazione del sistema sociale, un luogo nel quale il futuro si dipana ad ogni istante.
La scuola riapre perché racchiude energie vitali, appassionate e determinate, sacrificando del proprio per assicurare la ripresa del servizio, per tornare ad accogliere le speranze che la percorrono abitualmente. Occorrerà ripensare in profondità al senso della scuola e alla sua capacità di “sognare” il futuro degli alunni andando oltre l’oggi, oltre il presente, perché il presente fugge nell’istante in cui accade. La scuola lavora nel domani, prefigura scenari, investe su stessa e va oltre; la sua carta vincente è l’alleanza e il suo destino è produrre cambiamenti nel singolo e nella società. Per tutto questo, come suggerisce Ivana Summa (editoriale di Fare l’Insegnante, n. 1/2020-2021), occorre che “una notevole dose di audacia pedagogica” sorregga visione, scelte e finalità della scuola.
Permanendo su queste considerazioni, la rivista si apre con il contributo di Michela Lellaall’insegna della domanda“Quale scuola post Covid?”,domanda che insiste diffusamente tra gli operatori della scuola e particolarmente tra i Dirigenti scolastici, ancora straordinariamente impegnati da incombenze burocratiche e misure di sicurezza che, al momento, lasciano ancora poco spazio di riflessione per intercettare una linea di funzionamento già durante questa fase di riapertura e avvio dell’anno scolastico. Si procede ancora per tentativi ed errori e si tratta di rivedere tutto un sistema che, già manchevole di buona salute, adesso deve riuscire a riorganizzarsi per riscontrare le nuove e reali esigenze, da un lato ripensando all’incidenza della digitalizzazione sia nella didattica e sia nel lavoro amministrativo, e dall’altro recuperando le conseguenze della dispersione relazionale causata dal lungo periodo di chiusura imposto dalla pandemia. Eppure bisogna guardare al futuro con un approccio generativo.
A seguire, Rossella De Luca presenta “Il Piano Triennale per l’Informatica della Pubblica Amministrazione 2020-2022”, prodotto della collaborazione tra l’Agenzia per l’Italia Digitale e il Dipartimento per la Trasformazione Digitale e presentato nello scorso mese di luglio, allo scopo di promuovere la trasformazione digitale del Paese e in particolare quella relativa al settore della Pubblica Amministrazione. Gli obiettivi del Piano triennale si basano sulle indicazioni che emergono dalla nuova programmazione europea 2021-2027, sui principi dell’eGovernment Action Plan2016-2020 e sulle azioni previste dalla eGovernment Declaration di Tallinn (2017-2021). Gli intenti sottesi investono il ruolo delle istituzioni scolastiche sia nella diffusione di buone pratiche sia nell’implementazione di processi tesi alla formazione dei futuri cittadini sia per quanto concerne la digitalizzazione di procedure, la progettazione di nuovi sistemi e servizi,il processo di diffusione e adozione di piattaforme abilitanti di livello nazionale, la razionalizzazione delle piattaforme esistenti.
La valutazione si segnala come problematica sempre aperta per quanto incida e condizioni i processi insegnamento-apprendimento. Pur se il sistema scolastico, a seguito delle varie riforme che si sono succedute, ha cercato di rinnovarsi nei contenuti e negli obiettivi rimodulando in modo sintonico le finalità nazionali con gli intenti internazionali, continua a registrarsi una resistenza diffusa verso un cambiamento metodologico-didattico che permane, purtroppo, obsoleto e ancorato ad una trasmissione lineare dei contenuti.Loredana De Simonene tratta in “L’autovalutazione: strumento regolativo dei processi di insegnamento-apprendimento”, evidenziando l’importanza che si rafforzi la cultura della valutazione ricomprendendola nel più ampio dettato della autovalutazione.
Anna Armoneriflette su “Il contratto assicurativo di tutela legale del dirigente scolastico”,soffermandosi sul rimborso delle spese legali di responsabilità civile e nel contratto assicurativo di tutela legale. Si puntualizza come il contratto di assicurazione di tutela legale deve espressamente prevedere che il contraente, qualora necessiti dell’assistenza di un professionista per la difesa o la rappresentanza dei propri interessi in un procedimento giudiziario o amministrativo oppure nel caso di conflitto di interessi con l’impresa stessa, abbia la facoltà di scelta del professionista, purché quest’ultimo sia abilitato secondo la normativa applicabile.
Ricordate il “Comitato di esperti” nominato per decreto con il compito di formulare al Ministro idee e proposte per lo sviluppo del sistema nazionale di istruzione e formazione, in considerazione delle esigenze di contenimento e prevenzione della diffusione del virus Covid 19? Ad un certo punto, ci siamo chiesti che fine avesse fatto e quali fossero le risultanze emerse, specie dopo la nomina dell’altro Comitato, il CTS, istituito presso il Ministero della Salute, assunto come riferimento unico ed irrinunciabile del MI. Mario Ricciardi, professore dell’Alma Mater Università di Bologna, ne ha fatto par te e in“Un Comitato al servizio della scuola”,ci rende ampiamente edotti del poderoso lavoro svolto (in forma del tutto volontaria e gratuita) fino al 12 luglio, data di conclusione dei lavori. Il prodotto dell’intensa attività sono stati due rapporti, il primo intermedio riguardante le attività e i provvedimenti da adottare in attesa della ripresa delle lezioni, il secondo, finale, riguardante le proposte per il medio-lungo periodo. Se del primo si scorgono tracce nelle iniziative del Ministero per la riapertura della scuola, del secondo, dal titolo “Idee e proposte per una scuola che riguarda il futuro”, non è dato ancora riscontrare alcuna riflessione.
Filippo Sturaroci ricorda, in“Al via l’insegnamento di Educazione Civica”,che il Ministero ha adottato le Linee guida per l’insegnamento di Educazione civica, unitamente all’integrazione al Profilo delle competenze al termine del primo ciclo previsto dalle Indicazioni Nazionali per il Curricolo e all’integrazione al Profilo educativo, culturale e professionale. Rispetto alle indicazioni fornite dal CSPI, il Ministero non ha accolto la richiesta riguardante l’espressione, con giudizio descrittivo, della valutazione dell’insegnamento di educazione civica per tutti gli ordini di scuola, in quanto in contrasto con le previsioni della Legge istitutiva, fatta eccezione per la scuola primaria che vedrà l’introduzione della valutazione con giudizio descrittivo, per effetto della Legge di conversione n. 41/2020.
Con argomentate riflessioni e considerazioni, nel contributo “Il trasferimento per incompatibilità ambientale non può essere applicato al personale ATA”, Angelo Muratoreentra nel merito dell’argomento riferendo che né il direttore SGA, né gli assistenti amministrativi/tecnici, né i collaboratori scolastici, ma neanche infermieri e guardarobieri, possono essere sottoposti a tale procedimento.
Per la rubrica CPIA, Ada Maurizioriprende e rappresenta “Vecchie e nuove questioni per i CPIA”.
Il sistema si avvia al sesto anno di funzionamento ma è ancora in fase di consolidamento e per alcuni aspetti addirittura in fase di rodaggio. Si rileva che nel Piano scuola 2020/21 che il Ministero dell’Istruzione ha trasmesso al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, i CPIA non sono presenti e che se ne fa solo un generico riferimento alla voce “altro” in un documento tecnico allegato. Ancora si evidenzia come i CPIA siano una identità fragile e incompiuta.
Per I casi della Scuola,Antonio Di Lello presenta “L’accesso civico al Curriculum vitae per progetto PON”, riflettendo sul caso di un Dirigente scolastico di un ISIS che ha respinto, con proprio provvedimento, l’istanza di Accesso civico generalizzato presentata da una docente tesa a prendere visione ed eventualmente estrarne copia del curriculum vitae di una collega, al fine di conoscere i requisiti soggettivi ed oggettivi che le avevano permesso di risultare vincitrice nella selezione di esperti da impiegare all’interno del PON.
Per la Scuola in Europa, Mario Di Maurointroduce a “Quale educazione per una società a misura di impresa e di mercato?”,ponendo alla base dell’argomentare lo sconcerto suscitato a Bruxelles durante il vertice del Consiglio europeo sui provvedimenti per i guasti della pandemia nei paesi dell’Unione, allorché si assistette ad una accesa conflittualità tra i diversi rappresentanti politici: non erano solo le politiche a scontrarsi, erano società, culture, educazioni ed era questo a far soffrire. Da qui un’opportuna riflessione sul modo in cui economia ed etica tendono a confliggere se non assistite da una condivisa trasparenza culturale.
Per la rubrica di Psicologia della Gestione, Vittorio Venuti prova a ricucire lo strappo causato dalla pandemia per restituire alla scuola la sua naturale prospettiva. In “La scuola, le Colonne d’Ercole e i giovani in attesa di un padre”si fa rapidamente il punto sulla attuale situazione e si riflette sulla necessità di riconoscere a tutti gli studenti, quali che siano le loro caratteristiche, il diritto di attraversare le Colonne d’Ercole, ovvero il mitico limite del mondo conosciuto o delle conoscenze: di là dalle Colonne c’è la scoperta, la possibilità di provare la propria autonomia, la capacità del proprio distanziamento, l’applicazione delle proprie risorse e delle proprie conoscenze-capacità-competenze in forma generativa.