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DIRIGERE LA SCUOLA N.11
Il cambiamento della scuola riparta dal linguaggio - Editoriale di Vittorio Venuti
Chiuso in maniera tormentata un anno scolastico, nel quale, comunque, si è registrato un grande senso di responsabilità della scuola, compresa dell’impegno di rimanere accanto agli studenti per quanto possibile - nonostante il disvelamento della pesante coltre delle incongruenze di un sistema d’istruzione generalmente stanco e manchevole -, non si può dire che l’avvio del nuovo anno scolastico sia stato meno tormentato. Chi si aspettava che la pausa concessa dall’emergenza aprisse ad una riflessione progettuale della scuola “non più la stessa” è rimasto deluso, perché la necessità di garantire la riapertura ha mobilitato tutte le energie in un’asfissiante rincorsa dei parametri di una ipotetica sicurezza. Eppure l’emergenza porta con sé il seme dell’innovazione necessaria e improcrastinabile, resa ancora più urgente da ciò che anche la cronaca recentissima, dolorosamente, riporta.
Due eventi terribili si sono verificati in questo scorcio d’anno scolastico sui quali ci appare indispensabile riflettere, perché segnali di un male di vivere preoccupante: il suicidio del bambino di 11 anni che a Napoli si è lanciato dal balcone di casa e la morte per overdose di una diciottenne. Il primo vittima dell’uomo nero, il “lupo cattivo” delle favole, e la seconda vittima di una dose di eroina quale regalo del fidanzato per festeggiare il suo diciottesimo compleanno. Il primo finito nel vortice di un gioco chiamato “Jonathan Galindo”e la seconda sedotta dal desiderio della vertigine.
Le due vicende hanno fatto notizia, subito divorata e digerita. Ma non può essere così! Non si può voltare pagina cedendo all’indifferenza! Al di là delle colpe e delle responsabilità che possono essere attribuite a una parte o all’altra, una cosa è certa: nessuno può credersi assolto! E la scuola non può evitare di interrogarsi in merito. Come può un bambino arrivare a scrivere “Mamma e papà vi amo ma devo seguire l’uomo col cappuccio”? e come può una ragazza mettere la sua vita nel mistero mortale della droga? Quali parole li hanno sedotti, quali giochi si sono illusi di giocare, quale viaggio hanno voluto o pensato di dover fare?
La scuola ha parole, comunica, educa, istruisce, forma con le parole, col linguaggio, con gli atteggiamenti, con gli sguardi, con i gesti più che non con le discipline. Quel che conta non sono le materie ma tutto ciò che le veicola, l’affetto che riesce a coinvolgere gli studenti, le emozioni che si tramettono, il desiderio di conoscere, di esplorare se stessi, di comprendere il mondo. La scuola deve, in primo luogo, preparare ad attraversare il mondo e a farne parte attiva per quanto ciascuno può. Il problema è portare i ragazzi a capire come vanno le cose del mondo, a maturare un pensiero critico seguendo la logica della spirale che, man mano, abbraccia sempre più visioni e prospettive. Ma il collante di tutto resta sempre la parola, la parola come attenzione, come coinvolgimento emotivo, come esortazione, come aggancio motivazionale, come complicità, come adozione, come opportunità introspettiva.
Quali parole sono mancate ai due ragazzi,parole che la famiglia non ha detto e che la scuola non ha pronunciato? Riprogettiamo il senso della scuola aderendo alla necessità di curare il linguaggio che in essa si usa, perché i bambini, i ragazzi, gli adolescenti hanno “fame”di parole, perché le parole orientano, come semi precipitano nella coscienza e possono germogliare, danno valore alle conoscenze, fanno apprezzare i contenuti, possono tessere la trama contenitiva e propulsiva del senso etico e morale. Facciamoli dibattere i ragazzi sui temi che li coinvolgono più da presso, esploriamo le parole che dicono o che non pronunciano, incrementiamo il loro senso di responsabilità e introduciamo la gestione della diffidenza e del pudore.
L’apertura della rivista è dedicato al “Programma Annuale 2021”,lo strumento cardine della vitalità progettuale della scuola, che esplicita la programmazione finanziaria integrata didattica-amministrativa che Sandro Valentepresenta in tutte le sue diverse sfaccettature, soffermandosi particolarmente sulle attenzioni che il dirigente dovrà porre in merito ai progetti elaborati dai docenti e sulla relazione di accompagnamento del documento. Il PTOF triennale consente, alla programmazione finanziaria annuale, di disporre di tutte le informazioni necessarie per la realistica determinazione dei costi da imputare in ciascun esercizio finanziario, superando la divergenza tra anno scolastico e anno solare che tanto dibattito aveva sollevato nell’epoca del POF annuale. Si rileva l’importanza che, in sede di programmazione delle risorse, per decidere la corretta imputazione delle spese, preliminarmente si definisca bene cosa è un progetto e cosa è un’attività, che costituiscono le due macro voci in cui si articola il programma annuale. A corredo un articolato schema di relazione illustrativa.
A seguire “La contrattazione del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”di Rocco Callà, nel quale si rende conto di uno dei principali strumenti a disposizione del dirigente scolastico per la gestione delle risorse umane. La gestione dei compensi accessori, infatti, rientra nella politica di incentivazione del personale. Il contributo si sofferma specificamente sugli adempimenti e sulle regole a cui attenersi nella contrattazione delle risorse dedicate, che dovrà avvenire nel rispetto delle norme di merito. Nella contrattazione delle risorse bisogna tenere presente che l’assegnazione del budget necessario per la liquidazione dei compensi accessori è virtuale; quindi, la scuola definisce l’entità dei compensi con la contrattazione e funge da ufficio ordinatore. Al pagamento, vi provvedono le direzioni provinciali del Tesoro, mediante la procedura del cosiddetto “cedolino unico”.
Su“Il bonus premiale e i nodi che vengono al pettine”si soffermaFrancesco Nuzzaci facendo seguito ad un suo precedente articolo nel quale ne aveva messo in rilievo i profili di criticità. Contro il bonus premiale si sono accese forti polemiche, in quanto considerato, specialmente dalle organizzazioni sindacali, istituto soggetto alla discrezionalità del dirigente scolastico. La legge di bilancio per il 2020 ha introdotto alcune modifiche ma, ad oggi, sulle regole per gli insegnanti non c’è molta chiarezza e molti punti devono essere chiariti dal Ministero, come ad esempio i criteri con cui sarà assegnato il contributo e i soggetti che saranno interessati alla sua ricezione.
Non si può dire che questo anno scolastico sia partito bene in merito agli organici dei docenti: sono ancora molte le scuole in cerca di supplenti con forti ripercussioni negative sul funzionamento, già gravato dall’emergenza Covid, che ne ha letteralmente stravolto la vitalità. Maria Rosaria Tosianipresenta“La nuova disciplina sul conferimento delle supplenze al personale docente A.S. 2020/2021”,richiamando la nota ministeriale del 5 settembre 2020 che definisce le modalità di come devono essere disposte le supplenze in base ai cambiamenti introdotti nel sistema di assegnazione dall’Ordinanza n. 60/2020.
Filippo Cancellierianalizza, in“Pandemia: il cambiamento mancato”l’attuale situazione della scuola italiana in questo momento storico in cui il virus ha ripreso a circolare con un aumento dei contagi tale da prefigurare la possibilità di nuovi lockdown. I dirigenti scolastici si sono trovati nell’impossibilità del pieno esercizio della leadership educativa, un tempo dimensione peculiare del capo d’istituto e divenuta poi nei fatti una funzione “residua”, inesorabilmente sacrificata ad altre priorità. Paradigmatici sono stati i mesi estivi del 2020 quando si sono dovute predisporre le condizioni per il riavvio dell’anno scolastico in presenza.
Luciano Lelli ricostruisce l’incidenza del coronavirus sul sistema scolastico, fino al punto da decretare l’interruzione del funzionamento in presenza, evento clamoroso, sconcertante e imprevedibile, forse anche inappropriato. In“Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: formazione a distanza al tempo del coronavirus dopo l’emergenza”si analizza il percorso che ha portato alla valorizzazione della didattica a distanza sulla spinta di una lodevole avanguardia di scuole e singoli docenti, con l’auspicio che, quando il Covid-19 sarà uscito di scena, la scuola non dimentichi l’emergenza come se nulla fosse stato e attui un ripensamento complessivo in merito al fare scuola, soprattutto mediante una pertinente, stabile e permanente inclusione della didattica digitale anche a distanza nei processi formativi.
“L’emergenza… un’opportunità di cambiamento?” è l’interrogativo sul quale si incentra il contributo diLoredana De Simone, che si sofferma sulla necessità che la didattica evolva finalmente da quelle routine e prassi che hanno portato all’inaridimento cognitivo e alla demotivazione degli studenti, e conferisca senso e significato alla Didattica Digitale Integrata riconoscendole la dignità di strumento progettuale per ogni istituto scolastico e liberandola dalla considerazione di semplice alternanza di gruppi di alunni in presenza e a distanza. La scuola deve essere ripensata come sistema integrato, una vera comunità educante in cui i docenti e gli alunni siano protagonisti ed autori sinergici dei processi attivati.
Per la rubrica CPIA, Ada Maurizioguarda alla prospettiva europea dell’Educazione Adulti in “Ripartire…in tutti i sensi: il nuovo programma Erasmus+ per l’EDA”, ricordando i rapporti di ricerca che l’Agenzia Erasmus + di INDIRE ha pubblicato on line nello scorso mese di giugno e che fanno il punto su alcuni aspetti qualitativi della mobilità dello staff nei progetti KA101 Istruzione scolastica e K104 Educazione degli Adulti.
Per La Scuola in Europa, Mario Di Mauropropone l’interrogativo “Cosa significa fare innovazione per un’educazione universale e inclusiva oggi?”, in un periodo in cui anche il dibattito sociale si fa economico. Secondo due autorevoli centri di ricerca di Oxford e di Harvard ciò che si imputa a chi per mandato ha quello di fare politica aziendale non è l’investire poco o molto in innovazione ma nel non saper bene cosa farne dell’innovazione, nel non chiedersi quale strategia adottare nell’innovare e come farlo. Non sono, quindi, da rincorrere le buone pratiche, perché non sono strategie e non sono nuove, bensì il darsi un sistema di innovazione. In buona sostanza, ciò che fa un’azienda sono i processi aziendali, la loro coerenza interna, le strutture e il grado di interdipendenza, i problemi non posti e da scoprire, quindi le soluzioni da prendere decidendo come pensarle e attuarle, prodotti o servizi che siano.
Per “I Casi della Scuola”, Antonio Di Lello tratta della “Assegnazione e distribuzione del fondo di valorizzazione del merito del personale docente, disciplinato dall’art. 1, commi da 126 a 130, della legge n. 107 del 13/07/2015”in cui si rappresenta la decisione del dirigente di un istituto comprensivo di attribuire le risorse del fondo escludendo dalle relative operazioni le Organizzazioni Sindacali, decisione impugnata dalle stesse OO.SS..
Per Appunti di Psicologia della Gestione, Vittorio Venuti propone “Dalla Parola alla cura del linguaggio e al linguaggio della cura”, nel quale pone la necessità che si valorizzi il linguaggio degli alunni, a partire da quelli dell’infanzia e della primaria, perché la parola racchiude il loro mondo. Le parole esulano dal significato letterale, sono valigie che contengono di tutto: emozioni, esperienze, cultura, comprensione, riscontro, motivazione, desiderio, disponibilità, sentimenti, aspirazioni. La domanda è: quale linguaggio si compone nella scuola e che valore gli si attribuisce nella relazione educativa e formativa degli alunni?