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DIRIGERE LA SCUOLA N.1/2021
La scuola nell’illusione del “recovery fund” - Editoriale di Vittorio Venuti
Da qualche tempo la nostra classe politica si è incastrata sul Recovery fund, o New Generation EU (denominazione che qualifica le ragioni del fondo), ovvero sui circa 209 miliardi che l’Italia si troverebbe a gestire quanto prima, con ipotesi varie di ripartizione e, anche, di conseguenza, di possibili riformulazioni degli equilibri politici, dipendenti da interessi di varia natura e non sempre orientati da obiettivi di giustizia sociale. Anche la scuola, naturalmente, rientrerà tra i destinatari delle risorse. Avendo già “dato” per banchi, sedie a rotelle, mascherine e gel, auguriamoci che ci sia un piano che la riqualifichi, da un lato riparando ai gravi torti che ininterrottamente continua a subire ormai da diversi decenni- dietro lo schermo dell’ingannevole termine “razionalizzazione” si sono avviati interventi che hanno depauperato sempre più il sistema scolastico, con gravi ripercussioni sui suoi destinatari, gli alunni, considerati ultimi, in una classifica che avrebbe dovuto
consacrarli come primi - e dall’altro riprogettandola secondo una visione che guardi ad un futuro che si costruisce già oggi. In ogni caso, un Piano che vada oltre l’accredito della risicata risorsa che sarà ritagliata dal Recovery fund, per mettere mano su tutto l’impianto del sistema d’istruzione come su tutte le dinamiche che lo muovono, avendo cura, anche, di guardare all’ammodernamento e riqualificazione degli edifici scolastici esistenti, nonché alla costruzione di nuove strutture in linea con la visione di una scuola-laboratorio nella quale si “cura” e si favorisce il benessere emotivo, affettivo e culturale dello studente.
Assumono qualche rilievo, in questo senso, le dichiarazioni della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina espresse nell’ambio dell’evento organizzato, in dicembre, da AIDR (Associazione Italian Digital Revolution) “Didattica a distanza e scuola digitale”, che l’ha messa a confronto con le domande degli studenti. Nell’occasione, ha fatto delle affermazioni che suonano come una sorta di programma per la scuola del prossimo futuro, che “sarà sempre più legato alla digitalizzazione” giacché “le nuove tecnologie rappresentano una opportunità di crescita per i nostri ragazzi, ma le attività devono essere svolte in classe. Le aule, sono e resteranno sempre luoghi deputati alla socializzazione, oltre che alla formazione degli alunni”. Il che lascia intendere che si stia elaborando un progetto in tal senso, il tutto sulla scorta della considerazione che l’emergenza pandemica, oltre a cogliere impreparata la scuola, abbia fatto emergere le forti criticità che l’hanno minata, di fatto, nella struttura, nel ruolo e nelle funzioni. In questo, ci va di aggiungere che, proprio il personale, dirigenti in testa coadiuvati da collaboratori, direttore SGA, docenti, personale A.T.A., ha lanciato alla scuola quella ciambella di salvataggio che le ha consentito di arginare i danni e recuperare spazi di funzionamento anche pregevoli, trasformando, come ha evidenziato la stessa Ministra, quel “momento difficile in opportunità di crescita per tutto il sistema”.
In effetti, proseguendo, la Ministra ha intercettato un“tema fondamentale per la scuola che verrà: la didattica”.Nodo cruciale, la didattica investe tutto il pianeta scuola, essendo la sostanza che le consente di reggere e che non può che nascere da una concertazione/negoziazione tra alunno e docente, non a priori come ancóra, per lo più, si insiste a credere. Fa piacere, quindi sentire che “partirà un ciclo di convegni che è ‘Pensare la didattica’. Dobbiamo pensare una didattica digitale in classe, dovremo essere più veloci rispetto alle esigenze che hanno i nostri studenti e le nostre studentesse. Dobbiamo avere insegnanti preparati, investire soldi e poi c’è l’occasione storica che è il Recovery Fund. Avremo la possibilità di diminuire gli alunni per classe, se ho 27-30 alunni per classe, non posso fare didattica personalizzata. Dobbiamo anche ridurre la dispersione scolastica”.
Si fa strada, quindi, la bozza di un progetto che condividiamo, pur ritenendolo solo un piccolo passo verso il rinnovamento della scuola, che va ben oltre le dichiarazioni e gli obiettivi intercettati.
Lasciamo alla riflessione, in particolare dei decisori della politica scolastica alcune considerazioni di forte spessore che, sotto il titolo “Scuola e formazione, un’apatia colpevole”, Ferruccio DeBortoli ha pubblicato sul Corriere della Sera del 5 dicembre:
“Se la scuola fosse un’attività economica, avesse un suo fatturato, l’avremmo trattata certamente meglio. Almeno al pari di altri settori colpiti dal virus. Se le ore perdute di lezione si traducessero in una posta di bilancio aziendale, avessero la stessa importanza di un credito bancario in sofferenza o di una commessa perduta, l’allarme sociale suonerebbe forte. Incessante. Invece non è così pur essendo il nostro Paese quello che nell’Ocse (l’organizzazione dell’economie industriali) ha chiuso le scuole più a lungo (18 settimane contro una media di 14). Dell’ultimo Dpcm (acronimo che speriamo il 2021 si porti via) tutto è parso più importante del ritorno alle lezioni in presenza: dal cenone di Natale, al veglione della notte di San Silvestro, alla vacanza sugli sci. E irrilevante la differenza fra «riaprire» (in maggiore sicurezza, soprattutto nei trasporti) il 14 dicembre e il 7 gennaio.
Quanto vale un giorno di lezione? Nulla. Dimentichiamoci per un attimo la lunga estate dei banchi a rotelle, l’eccesso di fiducia sulla didattica a distanza, il peso e l’egoismo dei sindacati di settore. E chiediamoci il perché, salvo rare eccezioni, un intero Paese abbia considerato, a differenza di altri, la sospensione delle lezioni il minore dei danni, un sacrificio sopportabile, la scuola - e la formazione in generale - un ramo complementare e dunque minore della vita sociale. Per continuare con la metafora aziendale (che non ci piace perché la scuola è prima di tutto educazione alla cittadinanza) se gli studenti, le famiglie e gli insegnanti avessero la stessa rilevanza pubblica di altre constituency, consumatori, risparmiatori e azionisti, semplici gruppi d’interesse, non avremmo problemi. Parleremmo del decumulo del capitale umano - la perdita soprattutto in prospettiva di conoscenze e competenze - almeno al pari di quanto si discuta del decumulo di capitale finanziario. Perché non c’è ristoro che tenga per il vuoto di apprendimento che sopportano ragazze e ragazzi cui è stata sottratta una quota delle loro vite sociali. Sono danni che non si riparano…”.
Non sarà il Recovery fund né alcun ristoro a ripararli!
Il numero si apre con “La struttura organizzativa della scuola tra contratti, norme e pratiche diffuse: è possibile cambiarla?”, un interrogativo sul quale rifletteIvana Summa. L’autonomia scolastica era nata per potenziare la capacità di una scuola di organizzare al meglio il servizio affidatole, valorizzando la propria competenza distintiva all’interno del territorio in cui opera. In realtà, oggi l’autonomia appare in agonia per almeno due cause: la mancanza di una nuova cultura organizzativa, la persistente ed evidente volontà della burocrazia ministeriale di mantenere in modo saldo il timone del comando con il pretesto di dare coerenza/uniformità alle azioni dei singoli istituti scolastici.
Anna Armoneincentra il suo contributo su “Lavoro agile e tutela della Privacy”,evidenziando come il personale che opera in tale modalità debba essere informato dal datore di lavoro della necessità di adottare specifiche cautele in relazione alla propria postazione di lavoro. La finalità è quella di specificare in relazione al contesto i principi di preservazione della riservatezza e dell’integrità delle informazioni aziendali, tra cui rientrano i dati personali trattati in esecuzione delle proprie mansioni.
Dopo questa pandemia niente più sarà lo stesso, si è detto dopo essere stati messi di fronte al dissesto socioeconomico e all’alto costo di vite umane che il Covid-19 continua a mietere ancora oggi. Anche per la scuola, costretta a chiudere in presenza e, quest’anno, a funzionare tra chiusure ed aperture, si è detto che non sarebbe più stata la stessa. Si prefigura la necessità e l’urgenza di “Una nuova visione di scuola in risposta alla pandemia”.Questo anche il titolo del contributo di Michela Lellache, giustamente, chiosa: dobbiamo capire per quale tipo di futuro vogliamo impegnarci e aiutare i ragazzi a riacquistare fiducia nella vita anche se la società che si sta modificando a seguito dell’esperienza pandemica, impedisce di fare proiezioni e predizioni per il futuro.
A seguire,Ganluca Dradipropone“L’autonomia scolastica alla prova del ruolo assegnato ai prefetti con il DPCM 3 dicembre 2020”,richiamando la disposizione che sollecita le scuole secondarie superiori a garantire, per il 75% della popolazione studentesca, l’attività didattica in presenza. Una delle problematiche che al momento rendono difficile il raggiungimento di questo obiettivo è data dal fatto che il sistema dei trasporti pubblici locali sia abilitato a funzionare con una capienza ridotta al 50%, quindi si sono fatte ipotesi sull’organizzazione oraria delle scuole. Per risolvere il problema organizzativo è entrato in campo l’utilizzo dei prefetti. La domanda è: può un DPCM, in nome dell’emergenza sanitaria, sottrarre poteri organizzativi riconosciuti ai dirigenti scolastici per conferirlo ai prefetti?
Anche Filippo Cancellierisi sofferma sull’emergenza pandemica, per riscontrare la necessità di“Ricostituire la medicina scolastica”. Per fronteggiare i molteplici aspetti organizzativi della scolarizzazione degli allievi quando la curva del contagio consente le lezioni in presenza, si invoca da più parti il ripristino della figura del medico scolastico, definitivamente soppressa all’inizio del nuovo secolo allorché, con la riforma del Titolo V della Costituzione, si delegò alle Regioni l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari.
Per il suo contributo, “Dallo specchio al mosaico. Più di due modi di pensare e di apprendere”, Damiano Verdasi richiama agli studi dello psicologo israeliano Daniel Kahneman, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2002, che pone l’accento non sul potenziale della razionalità o dell’intuito, quanto piuttosto sui limiti di entrambi. Da qui il discorso si sposta a Gardner, per il qualela pluralità di intelligenze non può ridursi al risultato di una mediazione tra logica e istinto, ma si può piuttosto immaginare espressa in varie declinazioni, a seconda dell’oggetto trattato.
Angelo Muratorerichiama un confronto tra le diverse forme di dirigenza “Dalla dirigenza privata a quella pubblica e a quella scolastica”seguendo la logica evolutiva di un approccio storico, per soffermarsi sulla formazione dei dirigenti scolastici rispondente allo scopo di accrescere l’efficienza delle istituzioni da loro dirette, assicurando economicità, speditezza e rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa.
La fase conclusiva del ciclo di valutazione delle scuole, disciplinato dall’art. 6 del DPR 28 marzo 2013 n. 80, si è conclusa con la pubblicazione della Rendicontazione sociale sul portale Scuola in chiaro, documento che consente di socializzare con la comunità di appartenenza i risultati raggiunti, sia in una logica di trasparenza sia in una dimensione di condivisione e di spinta al miglioramento continuo del servizio scolastico. L’argomento è trattato da Filippo Sturaroin “Il rapporto Annuale sulla rendicontazione sociale”, nell’ambito del più ampio discorso delle scuole che si raccontano.
Francesco Nuzzacinel suo pezzo dal titolo “Partita chiusa sul Bonus premiale?”ritorna sulla vessata questione del bonus docenti per ribadire che il venir meno della finalizzazione imposta dal legislatore non significa, di per sé, che le parti della contrattazione integrativa non possano riconoscere autonomamente risorse per valorizzare e premiare l’attività dei docenti.
Questo numero si conclude con un interessante intervento di Antonio Sapiente“La direttiva del dirigente per la corretta gestione del patrimonio scolastico” in cui l’autore si sofferma sui compiti di gestione del dirigente scolastico in questo particolare settore dell’attività scolastica che investe la corretta gestione dei beni patrimoniali.
Per I Casi della Scuola, Antonio Di Lello, in “I permessi retribuiti di cui all’art. 15 del CCNL/2007 Comparto Scuola sono sottratti alla discrezionalità del Dirigente Scolastico”tratta del caso singolare di una docente di un IC che presenta in successione più istanze per fruire di giorni di permesso retribuito, che portano il dirigente a un diniego allorquando la richiesta cade in prossimità delle feste pasquali. La questione, naturalmente, non finisce lì.
Per La Scuola in Europa, Mario Di Maurotratta di “JRC ed Eurodesk, due strumenti chiave per la scommessa europea”.JRC (Joint Research Centre), è forse il Servizio scientifico più importante di cui si avvale la Commissione europea per elaborare le sue politiche comunitarie e le strategie per attuarle; Eurodesk è la rete ufficiale del programma europeo Erasmus+ per l’informazione sui programmi e le iniziative promosse dalle istituzioni comunitarie in favore dei giovani.
Per Psicologia della Gestione, Vittorio Venutiargomenta su “L’empatia: materia che dà sostanza alla pedagogia e ‘Cavallo di Troia’ per la didattica personalizzata”. Il contributo prende spunto dalla recente ordinanza che riscrive la valutazione nella scuola primaria e recupera la necessità di guardare all’empatia liberandola dall’aura mitizzante che la incornicia per assumerla come “cavallo di Troia” per entrare nel modo interno dell’allievo per comprenderlo, stando bene attenti a portare solo il dono della comprensione e della progettazione successiva.
Infine nella rubrica di legislazione scolastica Stefano Callàaffronta la problematica sull’esclusione dei candidati dalle graduatorie e le dichiarazioni mendaci con riferimento agli adempimenti posti dalla recente Ordinanza Ministeriale n.60/2020 avente ad oggetto la disciplina sulla formazione delle graduatorie provinciali per il conferimento di incarichi a tempo determinato al personale docente. X