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DIRIGERE LA SCUOLA N. 3/2021
Il neo Ministro, tra “tempo perso” dalla scuola e l’azzardo dei partiti politici
Editoriale di Vittorio Venuti
Ed eccoci a ricominciare con un altro Ministro dell’Istruzione. Tramontata l’era Azzolina - che dobbiamo comunque ringraziare, comprensivi del fatto che si è trovata a gestire, con caparbia determinazione e passione, il dicastero dell’Istruzione nel momento più drammatico che la scuola italiana abbia mai vissuto nella sua storia, - la Scuola dà il benvenuto ad un altro titolare e titolato Ministro, il professor Patrizio Bianchi, ex rettore dell’Università di Ferrara, che, per strana combinazione, la stessa Azzolina aveva designato quale coordinatore del comitato di esperti da lei voluto per progettare la ripartenza della scuola nei mesi della pandemia. A conclusione dei lavori della task force, Bianchi aveva prodotto un poderoso documento-guida, costato tempo e lavoro, che non ha mai trovato riscontro, in qualche modo mortificato al di là della validità del progetto stesso.
Quanto di quel progetto, adesso, troverà la luce? Un interrogativo che si intreccia col pensiero stesso del Ministro Bianchi e con la sua idea che“la scuola è un pilastro fondamentale della società” e che non può mai essere data per scontata. Quando era nel comitato tecnico della Azzolina, Bianchi aveva focalizzato bene il problema dell’autonomia scolastica, proponendo otto interventi per poterla attuare in condizioni emergenziali. La sensibilità alle problematiche della scuola e ai suoi nodi strutturali, quindi, sono ben presenti e occorre augurarsi vengano affrontati con saggezza e lungimiranza. I commenti dei media sono orientati verso brillanti aspettative, a conferma che ci si trovi davanti ad uno di quei “migliori” al Governo su cui hanno puntato i partiti durante l’assalto a scranni, seggiole e strapuntini.
I media - sempre loro - intanto enfatizzano la possibilità di una nuova e ulteriore riforma della scuola. Signor Ministro, non ceda alla tentazione; prima migliori il migliorabile della scuola che abbiamo e, nel frattempo valuti, con calma, la necessità e l’urgenza di una riforma, magari avvalendosi del parere di chi la scuola la vive tutti i giorni, e che di solito vengono trascurati. In questo senso, appaiono rassicuranti le sue prime dichiarazioni: “Dobbiamo fare una scuola nuova, insieme ce la faremo”.
Varato il nuovo Governo, a fronte delle personalità chiamare a gestire il destino del Paese, viene da chiedersi quanti dei politici che vi compaiono sono da considerarsi “migliori”: migliori rispetto a chi? Rispetto ai politici che siedono in parlamento? Mi rendo conto che la domanda è inquietante perciò non vado oltre. Una piccola chiosa solo sul Ministero per il Sud. Perché questa denominazione così esclusiva e misteriosa?
Nel frangente delle consultazioni ante governo è scoppiato, su suggestione ispirata dal premier incaricato Draghi, il caso della rimodulazione del calendario scolastico già a partire da quello in corso per aggiungere giorni di recupero per il “tempo perso”in DaD. Questione, questa della rimodulazione, che preluderebbe ad una riflessione e conseguente preparazione perché si permetta alla scuola di funzionare al meglio già dal primo settembre. Sorvoliamo sul “tempo perso”, perché il tempo non si recupera già per definizione e non sarebbero le due o tre settimane di lezioni in più per realizzare un’operazione così importante e complessa. Certamente, però, ha dato fastidio il modo in cui politici e media si sono buttati su questa locuzione/intenzione, attribuita e non confermata a Draghi, per imbellettarsi a scapito di una scuola che ha fatto miracoli per assicurare il proprio funzionamento in favore degli studenti e continui ancora a lavorare alacremente in condizioni terribili.
Ha fatto e fa discutere il report della Fondazione Agnelli su una ricerca condotta con osservazione in classe su 1.600 insegnanti di 207 scuole primarie e secondarie di primo grado, in collaborazione con l’Invalsi, da cui emerge che solo il 23% degli insegnanti osservati possiede ottime capacità di svolgere al meglio la tradizionale lezione trasmissiva dalla cattedra mentre il 60% di loro si colloca a un livello sufficiente e il 17% si rivela inadeguato a svolgere anche questo compito di base. Sull’attitudine di integrare le spiegazioni “classiche” con la proposta agli studenti di attività di apprendimento ben strutturate (individuali o di gruppo), anche attraverso l’utilizzo di materiali e strumenti didattici, il 13% mostra deficit preoccupanti; il 58% del campione degli insegnanti si colloca in una grande “area grigia”: pur svolgendo le proprie pratiche didattiche in modo adeguato avrebbe comunque ampi margini di miglioramento. Di contro, il restante 29%, che dimostra doti eccellenti anche in questo ambito. Peraltro, i docenti di matematica risultano mediamente più efficaci dei loro colleghi di italiano (33% contro 25%), così come gli insegnanti di scuola primaria risultano in media più virtuosi dei professori delle medie: il 34% si colloca nella fascia di eccellenza nel fornire agli allievi indicazioni sulle strategie e i metodi da seguire (9% in più delle medie, che si fermano al 25%). Ma anche nei livelli bassi i risultati sono migliori per la primaria, con un 5% in meno di maestri elementari che risulta inadeguato rispetto alla scuola media (rispettivamente 11% e 16%).
Conclusione: si pensi alla obbligatorietà della formazione, che deve comunque essere favorita e garantita. Gran parte dei docenti, pur bravi e mal pagati, adottano un’azione formativa spontanea e discontinua. Stare in classe è diventato sempre più faticoso e la funzione educativa non sempre è perseguibile come si vorrebbe, eppure mancano progetti che aiutino gli insegnanti ad accompagnare gli alunni nella loro crescita, a favorire il raccordo con le famiglie sempre più distanti e critiche. Negli ultimi tempi, anche a fronte di una digitalizzazione più ampia, la burocrazia si è fatta più fastidiosa, le incombenze si arricchiscono viepiù di nuovi dettati, nuove procedure, ulteriori scadenze, come testimoniano le improvvide e intempestive comparse del ritorno ai giudizi nella scuola primaria e delle nuove linee guida per l’integrazione degli alunni con disabilità.
Occorre riqualificare gli insegnanti, riconoscerne la professionalità e la sua autorevolezza istituzionale, questa la via maestra per avviare il cambiamento della scuola.
Questo numero di “Dirigere” si apre con il contributo di Michela Lella, che propone l’interrogativo “Tornare al passato o guardare al futuro?”, rappresentando l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid come uno specchietto retrovisore per guardare indietro e farci riscoprire e/o immaginare ciò che, in realtà, non riuscivamo a vedere prima della pandemia. Utile senz’altro guardarsi indietro, ma il beneficio che se ne ricava non è nella nostalgia del passato, ma nel desiderio di progettare il futuro ponendo la giusta attenzione a non commettere gli errori prodotti dal tempo andato.
“La garanzia del diritto allo studio al tempo del Covid-19”è l’argomento su cui impernia la sua riflessione Daniela Caponiorichiamando le norme e le competenze istituzionali che ne derivano. Nel nostro Paese sussistono ancora delle discriminazioni e delle disuguaglianze di genere nei confronti di milioni di studenti e studentesse, disparità emersa con maggiore evidenza in questi ultimi mesi con l’adozione di una serie di misure volte a contenere la diffusione del Covid-19.
Filippo Cancellieri entra nel merito del rapporto tra l’esperienza professionale del collaboratore scolastico e i bisogni educativi speciali. In “Scolarizzazione degli alunni con bisogni speciali e profilo del collaboratore scolastico” mette in rilievo l’importanza che si dia corpo all’art.47 del CCNL 2006, che contempla l’istituzione degli incarichi specifici per compiti che comportano l’assunzione di particolari responsabilità, rischio o disagio, tra i quali può rientrarvi la cura e l’assistenza ai disabili, che verrebbe così economicamente incentivata.
Richiama l’attenzione su “Il diritto di accesso delle associazioni sindacali ai nominativi dei fruitori di compensi accessori” il contributo di Francesco Nuzzaci. Lo spunto di avvio della riflessione è dato dal pronunciamento del Garante in merito al parere richiesto dall’ARAN circa la legittimità di accesso delle associazioni sindacali ai dati personali dei dipendenti in relazione ai compensi accessori da questi percepiti in regime di contrattazione integrativa d’istituto.
Con la consueta brillantezza analitica, Anna Armoneriflette sull’accelerazione della trasformazione digitale della società della conoscenza, con conseguente aumento della disponibilità di servizi e dati digitali, in “La consapevolezza digitale a scuola per diventare cittadini attivi”. L’impatto che la pandemia sta avendo sui sistemi e sulle istituzioni di istruzione e formazione in Europa rendono urgente la necessità di una migliore comprensione e di una valutazione continua degli utilizzi, dei vantaggi e delle sfide delle tecnologie digitali per l’istruzione nonché dei livelli di competenze digitali, anche nel contesto dell’apprendimento permanente.
A firma Antonio Sapienteil contributo “Il nuovo accordo sulle norme di garanzia degli scioperi”, nel quale si ricorda che il 12 gennaio scorso è entrato in vigore il nuovo Accordo Nazionale sulle norme di garanzia dei servizi pubblici essenziali in caso di sciopero nel Comparto Scuola-Ricerca sottoscritto all’ARAN in data 2 dicembre 2020 e che sostituisce il precedente Accordo del 26 maggio 1999. Ne consegue che gli Istituti Scolastici devono stipulare, con le OOSS territoriali, un nuovo accordo sulle relazioni sindacali per definire i contingenti di personale necessari a garantire le prestazioni indispensabili di cui all’art.2 del predetto Accordo Nazionale e sui criteri d’individuazione dei medesimi.
Ormai è acclarato che ci sia un legame stretto tra apprendimento ed emozioni: si apprende meglio e più volentieri allorché l’esperienza di apprendimento coinvolga emotivamente l’alunno. Facile a dirsi ma meno semplice da realizzare.Loredana De Simonene tratta in “Emozioni e cognizione per un apprendimento significativo”:emozionare ed emozionarsi nel fare didattica è un alto obiettivo che ogni docente dovrebbe porsi, perché questo comporta un coinvolgimento vicendevole nella ricerca e nella costruzione di un sapere che non rimane inerte, ma auto generativo di altre conoscenze significative.
Per la Scuola in Europa, Mario Di Mauropropone il contributo “Valutazione esterna o interna per un buon sistema di valutazione?”, traendo spunto dal sistema di valutazione del sistema d’istruzione britannico. Comunque, un interrogativo che continua ad animare il dibattito su quale forma di valutazione privilegiare, come se le due forme perseguissero vie diverse.
A seguire, Gianluca Dradicon il contributo “Tutela della salute e poteri di controllo del dirigente durante la DDI”,nel quale si puntualizza il percorso che ha portato la DAD a promuoversi in DDI, definendosi come metodologia (a distanza) complementare alla didattica in presenza caratterizzata da una combinazione di attività in modalità sincrona e asincrona. Il che ha introdotto varie problematiche, tra le quali quella di una diversa declinazione sia dell’obbligo di garanzia del dirigente sulla sicurezza dei docenti, sia della modalità di esercizio della vigilanza sul corretto svolgimento del servizio.
Per i CPIA,Ada Mauriziopropone “I luoghi, gli strumenti e le sperimentazioni dell’istruzione degli adulti”riferendo del volume che, sul tema, ha pubblicato l’Indire, un’opportunità per approfondire i presupposti pedagogici e storici, le scelte metodologiche e gli assetti didattici e organizzativi dei CPIA.
Per la rubrica di Psicologia, Vittorio Venuti propone“Attaccamento e appartenenza, fondamenti della relazione insegnante e allievo”,due termini/processi “pesanti” in psicologia e determinanti in pedagogia sui quali la scuola e gli insegnanti sono chiamati a riflettere e a considerare tra i capisaldi di tutta la loro azione, la scuola in quanto sistema che organizza, traccia i fondamenti teorici di riferimento e indirizza le azioni del proprio apparato operativo, gli insegnanti in quanto operatori che svolgono la funzione di educatori e formatori degli allievi lungo un percorso che si avvia da zero anni e attraversa i diversi ordini e gradi d’istruzione.X