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DIRIGERE LA SCUOLA n.7/2021
A settembre formazione obbligatoria per gran parte degli insegnanti!?
Editoriale di Vittorio Venuti
Ha fatto discutere l’annuncio del Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, nel corso dell’incontro del 4 giugno tra i dirigenti del Ministero e i sindacati rappresentativi, di un imminente decreto per l’istituzione, a settembre, di un corso di formazione, obbligatorio e senza compenso, di 25 ore rivolto a tutti i docenti non specializzati che avranno in classe almeno un alunno con disabilità. In totale, si calcola che circa 700mila insegnanti saranno obbligati alla formazione. Si evidenzia la perentorietà del dispositivo che, come hanno fatto notare i rappresentanti delle OO.SS., appare anche in contrasto con il CCNL 2016/2018, che contempla la formazione come diritto/dovere e non come obbligo.
Al di là dei risvolti sindacali, pur apprezzando molto l’idea di una formazione specifica sul tema dell’inclusione scolastica, finalizzata all’affermazione del principio di corresponsabilità nella presa in carico degli alunni con disabilità, non possiamo non cogliere alcune incongruenze di fondo che, speriamo, vengano considerate e superate a decreto “finito”.
Il tema dell’Inclusione è argomento che tutti gli insegnanti, indistintamente, dovrebbero affrontare, perché l’Inclusione non è un concetto né un processo che attenga esclusivamente agli alunni con disabilità, ma a tutti gli alunni indifferentemente. Perciò, c’è da chiedersi: perché si tagliano fuori la gran parte degli alunni con BES? Perché si tagliano fuori quegli alunni che non rientrano in nessuna categoria “protetta” ma sono altrettanto fragili? Perché non si affronta coraggiosamente la necessità di rivedere il modo di fare scuola partendo proprio dalla formazione sull’Inclusione, che comprende in sé la possibilità di una svolta epocale?
Così posta la questione, sembra che ancora si voglia perseguire una visione distorta o approssimativa del profondo significato che ha lo stesso termine Inclusione. Non un semplice sostantivo ma un’intenzione ed un’azione programmatica che sancisce il diritto di tutti ad esserci, ciascuno con la propria differenza, e che trascina con sé il senso della personalizzazione e della individualizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento per tutti, dettato così ben presente nella legislazione scolastica italiana ma anche così poco frequentato.
Andare per categorie (come i BES confermano) è tutt’altro che inclusione, perché l’inclusione prevede anche l’Altro, comunque egli sia. Tutti gli insegnanti dovrebbero riflettere su cosa comporta accettare le differenze. Al riguardo, c’è da chiedersi quali siano le ragioni per cui si escludono gli insegnanti che non avranno in classe alunni con disabilità, come se il corso non fosse in grado di suscitare domande utili anche per quegli alunni che una disabilità non ce l’hanno. Una miopia! È stata l’integrazione degli alunni sbrigativamente detti “handicappati” a vivacizzare la didattica degli ultimi decenni e a spingere perché si innovasse.
E perché gli stessi insegnanti di sostegno resterebbero fuori dalla formazione, quindi fuori anche dalla possibilità di confrontarsi direttamente con i colleghi “obbligati”, partecipare al discorso e sentirsi più coinvolti? Altra miopia! Quale idea di insegnante di sostegno si cela dietro questa scelta? Quale idea di dialogo e di collaborazione si pensa che ci sia nelle classi? Ancora si preferisce pensare per compartimenti che possono dialogare sulla carta ma non riconoscendosi come parte della stessa unità?
A ben guardare, se analizziamo il senso stesso del corso di formazione che si vuole definire, anche solo riflettendo marginalmente sulla questione, dovrebbe apparire chiaro che l’insegnante di sostegno si qualificherà sempre più come figura cardine importantissima, che dovrà saper interpretare e favorire nel miglior modo possibile il processo dell’inclusione che interessa tutti, insegnanti compresi. Si può forse negare che il processo inclusivo non debba interessare l’inclusione stessa dei docenti. Non si può includere se non si è inclusi. La provocazione “Chi integra chi?”si è traslata in “Chi include chi?”.
Il discorso sull’inclusione è straordinariamente importante, rappresenta un primo passo verso il riconoscimento e la costruzione di una identità istituzionale tale da far superare la rigidità con cui i gradi e gli ordini di scuola si osservano e si giudicano. Un progetto di formazione così importante non va espresso come si trattasse di una esternazione estiva; deve emergere da una visione pedagogica forte e il più possibile completa, eco dei grandi pedagogisti che hanno tracciato le prospettive della scuola inclusiva parecchi decenni fa, nomi ai quali spesso ricorriamo per qualche citazione di comodo ma che difficilmente comprendiamo per indirizzare la nostra azione quotidiana e per dare sostanza al nostro modo di fare scuola.
Sono gli insegnanti, per primi, a dover pensare a se stessi come persone che devono saper includere sentendosi loro stessi oggetto di inclusione. Lo stesso si dica per quanti ne discettano e ne scrivono.
Panoramica degli articoli di questo numero.
Filippo Cancellieriapre con “Comunità educante: dal contratto alle pratiche”richiamando l’art. 24 del CCNL 2018 che, volendo dare più rilevanza alla categoria degli ATA, del tutto ignorata e umiliata dall’impianto della cosiddetta “Buona scuola”, ha evidenziato la scuola come comunità di dialogo, nella quale tutte le componenti devono partecipare al processo decisionale, in linea con l’interpretazione del concetto di inclusione. Il contributo riflette sul fatto che l’istituto scolastico si sostanzia in una rete di micro-comunità e che la presenza di chiusure individualistiche impediscono la formazione di una vera cultura comunitaria.
Stefano Stefaneltratta de “Il ruolo del Dirigente scolastico nella gestione progettuale del dopo Covid”agganciandosi al “Piano Estate”, che ha attivato un poderoso processo di finanziamento delle scuole. Il contributo si interroga sul ruolo che deve avere e dovrà avere il Dirigente scolastico nella scuola che si sta prefigurando alla fine dell’emergenza pandemica sia come soggetto progettante o co-progettante, sia come soggetto coordinatore o ordinatore del lavoro della scuola.
Michela Lellariflette, sotto il titolo“Volente o nolente risponderò presente”,sull’impegno alla presenza a scuola che ha mosso i dirigenti scolastici nonostante la pandemia superando le personali fragilità e malgrado le ansie legate al timore dei contagi e delle preoccupazioni correlate alle molteplici responsabilità connesse al ruolo.
Vincenzo Campisi incentra il suo intervento su “La governance delle Istituzioni scolastiche in una prospettiva ecologica”riflettendo sugli effetti negativi e positivi che l’emergenza Covid ha generato in ambito scolastico, in qualche modo evidenziando l’immagine di una Scuola come di un ecosistema che poggia sulla stretta collaborazione tra Dirigente scolastico - che esercita il ruolo di guida - e i suoi collaboratori, che esercitano un ruolo di gestione imprescindibile. Portare a sistema il “middle management”, si rileva, contribuirebbe ad una ecologia della governancedelle Istituzioni scolastiche.
Bruno Lorenzo Castrovinci, sulla scia delle riflessioni che si dipartono dalla sconvolgente crisi pandemica, propone “I nodi del prossimo anno scolastico e la solitudine dei dirigenti scolastici”. Da dove ripartire? Uno dei punti cruciali viene intercettato nel “middle management”, mai esistito formalmente, mai seriamente affrontato sotto il profilo normativo e contrattuale ma così importante per il governo ed il funzionamento della scuola. Il nuovo anno, con la disponibilità di tante risorse, sarà particolarmente impegnativo e richiederà sforzi non indifferenti da parte di tutte le istituzioni scolastiche.
Maria Rosaria Tosiani rivolge anche lei l’attenzione al grande progetto che sta interessando la scuola volgendo l’attenzione al“Piano Estate ed il coinvolgimento degli enti del terzo settore”.In particolare, il contributo si sofferma sull’art. 31, comma 6, del D.L. 41/2021, il quale prevede che le risorse siano finalizzate a supportare le istituzioni scolastiche nella gestione della situazione emergenziale e nello sviluppo di attività volte a potenziare l’offerta formativa extracurricolare, il recupero delle competenze di base, il consolidamento delle discipline, la promozione di attività per il recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo delle studentesse e degli studenti anche nel periodo che intercorre tra la fine delle lezioni dell’anno scolastico 2020/2021 e l’inizio di quelle dell’anno scolastico 2021/2022. Essendo data la possibilità di coinvolgere il terzo settore si pongono una serie di problematiche relative alla gestione fiscale del rapporto contrattuale con tali enti.
Francesco Nuzzacisi interroga su “L’assegno alimentare: se e quando spetta”,prendendo spunto da una interlocuzione con un dirigente scolastico in merito all’applicazione dell’art. 500 del Testo unico della scuola, inerente l’attribuzione dell’indennità (assegno alimentare), nei confronti di un assistente amministrativo a cui aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dallo stipendio per tre giorni.
Vincenzo Casella, per lo Sportello Assicurativo, tratta del “Caso di morte”, ovvero di cosa prevede la polizza assicurativa sottoscritta dall’Istituto in caso di morte di uno studente presente a scuola. Si tratta di una eventualità che, statisticamente è rappresentato annualmente in 20/30 eventi che, per la maggior parte si verificano durante gli spostamenti (in itinere), in conseguenza di sinistri stradali; altre dinamiche ricorrenti attengono a cause di morte accidentale, mancata vigilanza o suicidi.
Gianuca Dradi focalizza il suo intervento su“Reclami contro gli esiti delle valutazioni: compiti del dirigente scolastico”.Lo spunto è offerto dalla sentenza del TAR Marche n.188/2021 relativa all’impugnazione del provvedimento di valutazione finale dell’esame di Stato e del rigetto del reclamo presentato al dirigente scolastico. Nello specifico, il caso è quello di una studentessa liceale che, insoddisfatta della votazione ottenuta (98/100) all’esame di maturità, presentava reclamo al dirigente scolastico chiedendo il riesame della valutazione e dei criteri di attribuzione del punteggio integrativo.
Ada Maurizo, che cura la rubrica CPIA, in“I CPIA, questi sconosciuti” lamenta che le numerose e frequenti circolari del Ministero dell’Istruzione emanate in quest’ultimo anno, caratterizzato dall’emergenza sanitaria, hanno quasi del tutto ignorato l’esistenza dei CPIA, come se il più recente segmento del sistema nazionale d’istruzione non esistesse. Non se ne legge traccia neppure nelle linee per un progetto complessivo di rilancio e di miglioramento dell’intero sistema d’istruzione redatto dal Comitato di esperti nominato dal Ministro.
Mario Di Mauro, per la rubrica la Scuola in Europa, propone un singolare interrogativo: “Se… a distanza Vs in presenza, allora distribuita Vs centralizzata?”.Tra l’altro, vi si tratta del dell’esigenza di riflettere sul principio dell’educare alla conoscenza e di cosa questo significhi per l’uomo, tanto nel pensare all’innovazione quanto nel farla, a partire dallo stesso rovesciamento del concetto di educazione e a dispetto dell’egemonia dell’associarlo a quello di istruzione declinandola ora nell’opposizione “distanza/presenza” ora in quella “distribuita/centralizzata”.
Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia della gestione propone la riflessione“Dalla stima all’autostima e alla motivazione”focalizzando l’attenzione sulla necessità che gli insegnanti, specialmente nei primi anni di scuola, si interroghino su quale immagine di sé i bambini abbiano elaborato e si curino di tenerne conto e di rinforzarla positivamente, sapendo che loro stessi incidono comunque su di essa. Ricerche e studi di settore confermano la stretta relazione che si stabilisce tra autostima e apprendimento scolastico, e l’autostima non è altro che il riflesso della stima di cui ciascun bambino è fatto segno. X