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DIRIGERE LA SCUOLA n.8/2021
La valutazione:una riflessione d’obbligo prima della ripartenza
Editoriale di Vittorio Venuti
L'abbandono dei voti in decimi nella scuola primaria in favore del ritorno ai giudizi, per effetto della Legge n. 41/2020, ha provocato, come c’era d’attendersi, parecchio disagio a causa della intempestività del provvedimento, che ha colto impreparati scuole ed insegnanti. La disposizione riconduce agli effetti della Legge n. 517/1977 - che aveva istituzionalizzato la “scheda personale” -, in qualche modo facendo intendere che il problema forse più importante della scuola sia il sistema di valutazione e dando corpo alla suggestione che i voti etichettanogli alunni comprimendoli asfitticamente in un numero, mentre ciò non accade con i giudizi. Però… però, quel che si vorrebbe fare uscire dalla porta, fatalmente rientra dalla finestra, quindi, per comodità, i vari livelli di giudizio previsti sono stati bellamente tradotti in numeri.
In effetti, non è semplice comprendere la differenza tra i voti e i giudizi che sono stati promossi in loro vece, anche se la descrizione dei significati che li qualifica appare abbastanza esaustiva: si giudica l’autonomia di lavoro del bambino, la continuità nella prestazione, la capacità di utilizzare le risorse fornite dal docente o di reperirle altrove.
Rifuggendo l’idea di voler essere polemici a tutti i costi, c’è da chiedersi quale immagine di bambino si voglia promuovere in questo modo: un bambino efficiente e produttivo? Non è così semplice immaginare l’autonomia dei bambini delle prime classi, il modo di stare attenti e di corrispondere alle richieste degli insegnanti, la loro capacità di autovalutarsi. La pretesa fondamentale del nuovo sistema valutativo sembra volersi poggiare sull’oggettività. Ma veramente è possibile disgiungere gli aspetti oggettivi da quelli soggettivi? E veramente si pensa che l’oggettività si possa applicare a bambini della primaria? Peraltro, a che pro? Di veramente oggettivo nella valutazione non c’è nulla, altrimenti si dovrebbero isolare i soggetti uno ad uno in ambiente neutrale, senza contatti neanche visivi con insegnanti e compagni e tutti sottoposti al medesimo stimolo. Possibile? E, comunque, in ragione di cosa e di quale obiettivo? E quanto potrebbe corretta o giusta una tale procedura?
Quel che ci interessa sottolineare è un altro aspetto, che possiamo sintetizzare in un ulteriore interrogativo: questo nuovo sistema di valutazione tiene conto dell’orientamento inclusivo che deve avere la scuola? Se impegno della scuola deve essere quello di riconoscere, accogliere e valorizzare le diversità, come si può promuovere un sistema valutativo che pretende di distribuire gli allievi su livelli predefiniti? Né si può pensare che il giudizio finale possa compensare eventuali “dislivelli”. È un po’ come voler negare ciò che persino le neuroscienze dimostrano: esiste un’innegabile incidenza reciproca tra ambiente e soggetto, tra gli stati emotivi del bambino e la sua disponibilità cognitiva o prestazionale. È un po’ come se si volesse ignorare persino la gerarchia motivazionale di A. Maslow, semplicissima nella sua formulazione ma così ampiamente disattesa nella progettualità che riguarda la scuola. Ed è anche come se non si volesse tenere presente l’importanza che rivestono i neuroni specchio nella relazione insegnante-allievo e nella definizione del processo empatico che li interessa.
Eppure di valutazione c’è necessità… il che è indiscutibile. Allora, c’è da chiedersi perché non si proceda ad una formazione più specifica sul significato stesso della valutazione avendo a riferimento la prospettiva disegnata dall’inclusione. Una materia, questa della valutazione, colpevolmente trascurata, che non si può pretendere di affrontare di punto in bianco promuovendo un ritorno ai giudizi attualizzandoli sul versante del rigore docimologico, certamente inapplicabile; per di più senza prevedere una congruente corrispondenza con scuola dell’Infanzia da una parte e secondaria di primo grado dall’altra.
Nell’attesa che i responsabili del sistema d’istruzione orientino la loro attenzione verso una lettura più attenta dell’inclusione, sarebbe auspicabile che, proprio in virtù dell’esperienza di quest’anno scolastico appena trascorso, i vari collegi docenti della scuola primaria si interrogassero su cosa ha o non funzionato e se, soprattutto, questo nuovo approccio valutativo renda giustizia ai bambini. Ricordiamo che questi, i bambini, tra la scuola dell’infanzia e tutto il primo ciclo d’istruzione attraversano fasi evolutive importantissime, che condizionano il loro comportamento affettivo, emotivo, cognitivo e sociale e che, su queste linee di sviluppo, procedono in ordine sparso, secondo tempi e modalità che sono propri di ciascuno.
Si è voluto, forse, offrire una sponda al soggettivismo valutativo dell’insegnante predisponendo una griglia entro cui fare rientrare il rendimento dei bambini? Pregevole, ma non adeguato alla bisogna! La verità è che sulla scuola si improvvisa troppo, si esternano soluzioni anche improbabili e si studia poco, troppo poco, quasi sempre dimenticando il trascorso della scuola - logica premessa per il suo sviluppo - e, soprattutto senza una fondata riflessione sulle conoscenze offerte dalla psicologia, dalla pedagogia scientifica, dalle neuroscienze, dall’epigenetica, incapaci anche di apprezzare i mutamenti che caratterizzano i bambini e i giovani di oggi rispetto anche al più recentissimo passato.
Edgar Morin avverte che“tutto ciò che non si rigenera, degenera”, ma occorre che la rigenerazione non sia pretestuosa o stantia, perché non c’è niente di peggio che mutare tutto per non cambiare nulla.
Panoramica degli articoli di questo numero.
Michela Lella, in considerazione del fatto che durante la pandemia sono saltate tutte le vecchie abitudini lavorative, che garantivano il normale funzionamento di una qualsiasi organizzazione, riflette sui“Nuovi assetti organizzativi della scuola”, ritenendo importante che, in questo momento, nella scuola, si volgesse lo sguardo verso quelle abitudini ormai stabilizzate che consentono al sistema di funzionare anche in presenza di improvvise battute d’arresto e che l’abilità dirigenziale si esplicasse nel saper gestire le scuole come ambienti inconsueti, rinnovati e più qualificati sia in ordine alla sicurezza sia in riferimento ai nuovi bisogni dei lavoratori.
Pasquale Annesetratta del “Piano Scuola Estate”focalizzando l’attenzione sugli strumenti operativi per gestire le risorse di pertinenza in vista della riapertura del prossimo anno scolastico, in particolare riferendosi al comma 6 dell’art. n. 41 del D.L. 22 marzo 2021 e all’art. n. 48 del D. M. 2 marzo 2021 specificamente per quanto riguarda le procedure di acquisto tramite affidamento diretto. Il contributo comprende le diverse tipologie di determina del dirigente scolastico.
Antonio Sapientepropone “Il passaggio di gestione tra dirigenti scolastici”ricordando che non si tratta di un atto obbligatorio, perché non sanzionato da alcuna disposizione, ma quanto mai opportuno qualificandosi come atto di trasparenza e correttezza amministrativa verso il Dirigente subentrante. Per quest’ultimo, rappresenta una delle prime operazioni che deve compiere per circoscrivere e delimitare la propria responsabilità.
Salvatore Argentapropone “Il passaggio di consegne tra Direttori DSGA”,un provvedimento obbligatorio che investe anche le responsabilità del dirigente scolastico. Secondo l’articolo 30, comma 5 del Regolamento di contabilità scolastica, il passaggio delle consegne si profila come un’operazione molto importante, al fine di rendere trasparente la responsabilità delle gestioni di pertinenza e, laddove dovesse emergere un danno erariale, di individuare le relative responsabilità.
Francesco G. Nuzzaci, sotto il titolo “Cronaca di un caos annunciato!”, tratta della rotazione e attribuzione degli incarichi dirigenziali riferendosi al problema scatenato dall’abrogazione in via interpretativa del comma 978, art. 1 della L. 178/72020 che, per il solo anno 2021-2022 abbassa i parametri minimi di normo-dimensionamento delle istituzioni scolastiche da 600 alunni a 400 nelle zone in deroga, come previsto dalla legge 128/2013, precludendo la possibilità di assumere a tempo indeterminato dirigenti scolastici e direttori SGA.
Anna Armonenel suo pezzo “Finalmente la voce del Garante Privacy sulle immagini dei minori” focalizza l’attenzione sulla liceità della pubblicazione delle immagini dei minori commentando l’intervento sanzionatorio del garante della privacy a proposito di un episodio capitato al Sindaco di Messina.
Alessandra Battistarappresenta, in“Gli Educatori dei Convitti e degli Educandati ed i loro diritti negati”,una questione particolarmente importante descrivendo la situazione in cui si trovano i Docenti Educatori delle Istituzioni Educative Statali, abilitati dallo Stato con concorso pubblico per titoli ed esami, contro cui il Ministero dell’Istruzione sembra avere ingaggiato una “crociata negazionista e illogica” della loro funzione docente, con blocco delle assunzioni, esclusione dalle GaE della primaria, negazione del bonus Carta Docente, esclusione dalla formazione e dall’aggiornamento, negazione dell’equipollenza dell’abilitazione a quella per i docenti della scuola primaria.
Mario Di Mauro, per La Scuola in Europa, propone il contributo“È ormai tempo di Global Education si va dicendo…” avendo come sfondo l’interrogativo di quale tipo di scuola si tratti. Si situa in tale solco l’apparizione nel gergale post-moderno dell’anglicismo STEM, già da una decina d’anni. Il contributo si srotola in una disamina attenta delle diverse riflessioni, esperienze e proposte che ruotano attorno alla Global Education.
Vincenzo Casellapropone alla lettura la“Sospensione della polizza assicurativa scolastica”, per rispondere all’interrogativo se, a causa della pandemia di Covid19, sia possibile attuare la sospensione fino alla normale ripresa delle attività didattiche o, in alternativa, sia possibile richiedere un rimborso per il periodo assicurativo non goduto.
Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia della Gestione, soffermandosi ancora sull’importanza della relazione insegnante-allievo, specialmente - ma non esclusivamente - nella scuola dell’Infanzia e nella scuola Primaria, propone il contributo “L’immagine di sé e il Fattore RP”,nel quale enfatizza la necessità di tener conto dell’incidenza che tale relazione ha sull’educando nella costruzione della propria autostima e della propria immagine di sé, essendo ampiamente conclamata l’esistenza di un rapporto diretto tra questi costrutti e l’apprendimento. Il Fattore RP è una strategia di gestione del rapporto tra ricompense e punizioni, giudizi negativi e positivi in ragione del fatto che tale indice si ripercuote proprio sulla costruzione dell’immagine di sé.
Stefano Callà, per La Scuola nella Giurisprudenza, propone“Un altro caso di “whistleblowing”: necessaria l’indispensabilità della conoscenza dell’identità del segnalante ai fini della sua conoscenza da parte del dirigente sanzionato”. Il concetto di whistleblowing è stato inserito nella normativa italiana per la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Nel contesto del whistleblowing sono essenzialmente due le basi giuridiche sulle quali si può fondare un trattamento dei dati personali: l’adempimento ad un obbligo legale, l’esecuzione di un compito di interesse pubblico e il perseguimento dell’interesse legittimo del titolare del trattamento.X